domenica 8 giugno 2014

992 - La salute precaria delle banche italiane

I
l 18 marzo i mercati inanziari stavano cercando di digerire una decisione senza precedenti: Bruxelles voleva far pagare le spese del salvataggio
delle banche cipriote a chi ha un conto corrente a Cipro. a quel punto si è aperto un
altro fronte della paura nella crisi del debito europea: lo stato di salute delle banche
italiane.
Le azioni delle grandi banche olandesi,
spagnole e francesi sono crollate in tutte le
borse europee e l’euro ha perso circa lo 0,8
per cento rispetto al dollaro. E anche gli interessi sui titoli di stato delle travagliate
economie dell’eurozona sono leggermente
aumentati.
a preoccupare di più erano le obbligazioni delle quattro maggiori banche italiane, delle quali gli investitori spaventati
hanno cercato di liberarsi. Il loro timore era
di subire ulteriori perdite a causa dell’atteggiamento di Bruxelles sul salvataggio
delle banche.
anche se è troppo presto per dire se i risparmiatori italiani, spagnoli e greci, preoccupati per quello che sta succedendo a
Cipro, ritireranno i loro soldi dai conti correnti, gli investitori che hanno obbligazioni
di banche spagnole e italiane stanno già
correndo ai ripar  In Italia, devastata da un’economia stagnante che ogni giorno costringe centinaia
di piccole imprese a chiudere, gli istituti di
credito hanno più problemi delle altre banche dell’eurozona a farsi restituire i prestiti.
Questo preoccupa le autorità di vigilanza e
ha innescato la tendenza a scommettere
sul ribasso dei titoli delle banche italiane.
Per ora non è previsto nessun salvataggio europeo degli istituti di credito italiani.
Ma dopo che l’anno scorso i problemi delle
piccole casse di risparmio spagnole sono
sfociati in una crisi richiedendo l’intervento della Banca centrale europea (Bce), sono
sempre di più gli analisti convinti che le
banche italiane più in diicoltà potrebbero
essere un pericolo per tutto il sistema creditizio italiano.
Il caso Monte dei Paschi
L’Italia è stata costretta a salvare il Monte
dei Paschi di Siena, la terza banca del paese, in seguito a una grossa perdita causata
da un investimento azzardato. Ma i problemi più generali che mettono a rischio il
Monte dei Paschi e gli altri istituti di credito
– il collasso delle piccole imprese, la diicoltà di concedere prestiti e l’eccessivo afidamento che si fa sull’indebitamento per
le operazioni inanziarie – non saranno risolti rapidamente.
Se gli investitori, preoccupati dai possibili prelievi forzosi sui conti correnti dei
ciprioti e dalla ine che hanno fatto gli azionisti nella recente acquisizione dell’istituto
di credito olandese Sns Reaal (il cui investimento è stato azzerato), decidessero di non
estendere i loro prestiti alle banche italiane, il passo successivo potrebbe essere un
salvataggio, che sicuramente supererebbe
i 37 miliardi di euro che la Spagna ha avuto
dall’Europa l’anno scorso.
“In Italia la percentuale di crediti ancora non riscossi dalle banche è molto più alta
della media europea, e queste piccole banche potrebbero aver bisogno di un aiuto”,
dice Gennaro Pucci della Pve Capital, un
fondo speculativo londinese.
A determinare il calo della borsa italiana il 18 marzo sono state le obbligazioni
subordinate (titoli che in caso di liquidazione o fallimento di chi li ha emessi sono rimborsati dopo i creditori ordinari) del Monte
dei Paschi e del Banco Popolare, che sono
scese entrambe del 3 per cento, mentre la
loro rendita, che varia in modo inversamente proporzionale al prezzo, è salita sopra l’8 per cento.
Il Monte dei Paschi è stato salvato poco
tempo fa dal governo italiano. Il Banco Popolare, un’importante banca cooperativa
di Verona con un capitale di 135 miliardi di
euro, ha denunciato il 15 marzo 2013 una
perdita di 627 milioni a causa di un recupero dei crediti minore del previsto. All’inizio
dell’anno, il 17 per cento dei suoi prestiti
era a rischio esigibilità, la percentuale più
alta tra quelle delle quattro maggiori banche italiane.
Gli  investitori  sono  delusi  anche
dall’Unicredit, la più grande banca italiana, che nel quarto trimestre dello scorso
anno ha annunciato una perdita di 553 milioni di euro dovuta a un aumento del 64
per cento di liquidità accantonata per fare
fronte a un numero più alto di prestiti a rischio.
Quando il governo olandese ha rilevato
la banca Sns Reaal, chi ci ha rimesso di più
sono stati i clienti che avevano le obbligazioni subordinate. E la stessa cosa succederà a Cipro se il piano di salvataggio sarà
messo in atto.
“Le obbligazioni subordinate vanno bene se una banca deve essere ricapitalizzata”, spiega Ivan Zubo, un analista della Bnp
Paribas di Londra. Ha appena scritto un
rapporto in cui invita gli investitori a stare
alla larga dal Banco Popolare e dal Monte
dei Paschi e da altre banche di medie dimensioni che hanno problemi con il loro
portafoglio prestiti.
Accantonamenti
Vista questa tendenza, la Banca d’Italia ha
chiesto a tutti gli istituti di credito del paese
di aumentare i loro accantonamenti per i
rischi sui crediti e, a quelli che hanno denunciato perdite, di non distribuire bonus
né dividendi. Ma molti economisti, convinti che l’Europa non abbia fatto abbastanza
per le banche con problemi di liquidità dovuti alla diicoltà di recuperare i crediti,
afermano che queste misure sono troppo
deboli e arrivano troppo tardi.
Questi economisti, inoltre, sostengono
che l’Europa sta ancora cercando di riprendersi a cinque anni dall’inizio della crisi del
debito, mentre gli Stati Uniti hanno reagito
meglio costringendo le grandi banche ad
accettare, volenti o nolenti, l’aiuto del governo.
“Il motivo principale per cui l’economia
statunitense sta andando meglio è che le
autorità di vigilanza hanno immesso capitali  direttamente  nelle  banche”,  dice
Adrian  Blundell-Wignall,  il  principale
esperto di banche e stabilità finanziaria
dell’Organizzazione per la cooperazione e
lo sviluppo economico (Ocse). “L’Europa
ha cercato di evitare il problema, e il risultato è stato che le banche hanno smesso di
concedere prestiti, e questo sta uccidendo
l’economia”.
Più  degli  altri  economisti,  BlundellWignall è consapevole dei rischi che le
banche più fragili possono costituire per
l’economia globale. Oltre a lavorare per
l’Ocse, fa parte di una speciale commissio ne di funzionari delle banche centrali del
Financial stability board con sede a Basilea, in Svizzera, che ha il compito di individuare in tutto il mondo i luoghi in cui possono scoppiare gravi crisi inanziarie.
Secondo Blundell-Wignall, per essere
considerati sicuri in base al suo modello,
che valuta il livello di rischio delle più grandi banche del mondo, gli istituti di credito
europei devono raccogliere altri 500 miliardi di euro. Un suo studio sulle banche
più a rischio, basato su dati del 2011, rivela
che tre di queste sono italiane: Unicredit,
Intesa San Paolo e Monte dei Paschi.
Non c’è da meravigliarsi se gli investitori sono diidenti. “Non ci sentiamo molto
tranquilli ad avere i titoli di queste banche”,
dice Philippe Kellerhals della Cairn capital
di Londra, un fondo che investe nelle obbligazioni subordinate delle banche europee.
“La percentuale di crediti non riscossi dalle
banche è alta e sta aumentando”.
Kellerhals ha avvertito altri investitori
di non dare per scontato che la Banca centrale europea andrà in aiuto degli istituti
italiani. “Molti pensano che la Bce interverrà e che alla ine le banche italiane se la
caveranno benissimo”, dice. “Ma è un gioco pericoloso”.

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