mercoledì 23 aprile 2014

*982 - Il nutrimento della civiltà - Intolleranza al latte

er comodità, chiameremo
due  dei  primi  rappresentanti  dell’Homo  sapiens
Adamo  ed  Eva.  Nel  momento in cui venne al mondo il loro primogenito, quel
mascalzone di Caino, due milioni di secoli
di evoluzione avevano già deciso come sarebbe stata la sua infanzia. Per i primi anni
di vita si sarebbe nutrito al seno di Eva ma,
una volta arrivato a quattro o cinque anni, il
suo corpo avrebbe cominciato a rallentare
la produzione di lattasi, l’enzima che permette ai mammiferi di digerire il lattosio.
Da quel momento in poi, attaccandosi al
seno della madre o bevendo il latte di un
altro animale il piccolo Caino avrebbe avuto crampi allo stomaco e pericolose diarree.
In mancanza di quell’enzima, infatti, il lattosio marcisce nell’intestino. Quindi una
volta svezzato Caino, Abele avrebbe potuto
pretendere tutta l’attenzione e il latte della
madre. Questo in genere teneva a freno le
rivalità tra fratelli (anche se con questi due
non funzionò) e consentiva alle donne di
avere più igli. Il modello era lo stesso per
tutti i mammiferi: alla ine dell’infanzia di ventavano intolleranti al lattosio per sempre. Duecentomila anni più tardi, cioè circa
dodicimila anni fa, le cose cominciarono a
cambiare. Da qualche parte, vicino all’attuale Turchia, è apparsa una mutazione
genetica che ha rimesso in funzione in modo permanente il gene per la produzione
della lattasi. Il primo mutante fu probabilmente un uomo, che trasmise il gene ai igli.
I portatori della mutazione potevano bere il
latte per tutta la vita. Le analisi genomiche
hanno dimostrato che nel giro di qualche
migliaio di anni, con una velocità che i biologi evoluzionisti pensavano impossibile, la
mutazione si diffuse in Eurasia, in Gran
Bretagna, in Scandinavia, nel Mediterraneo, in India e in tutto quello che c’era in
mezzo, fermandosi alle pendici dell’Himalaya. Altre mutazioni per la tolleranza al
lattosio si sono veriicate in Africa e in Medio Oriente, ma non in America, in Australia e in estremo oriente.
In un batter d’occhio evolutivo l’80 per
cento degli europei ha cominciato a bere
latte. Anzi, in alcune popolazioni la percentuale si avvicina al 100 per cento (anche se
a livello globale l’intolleranza al lattosio è la
norma e circa due terzi degli esseri umani
non possono bere latte in età adulta). La velocità di questa trasformazione è uno dei
fenomeni  più  misteriosi  della  storia
dell’evoluzione umana, considerato anche
che non è chiaro perché qualcuno avesse
bisogno di questa mutazione. I nostri antenati intolleranti erano già stati così intelligenti da trovare il modo di consumare i prodotti del latte senza ammalarsi, a prescindere dalla genetica.
Mark Thomas, un genetista evolutivo
dello University college London, ricorda
che nella Turchia moderna, dove sembra
che sia nata la mutazione, il clima caldo fa sì
che il latte cambi rapidamente composizione: “Se mungete una mucca la mattina,
all’ora  di  pranzo  il  latte  è  diventato  yogurt”.
Lo yogurt ofre molti vantaggi, assicura
testicoli più grandi e una pelliccia più lucida, due cose molto utili se sei un topo, ma
per i nostri antenati la cosa più importante
è stata che il processo di fermentazione che
trasforma il latte in yogurt consuma il lattosio, che è uno zucchero. Questo è il motivo
per cui molte persone intolleranti al lattosio
possono mangiare yogurt senza problemi.
Man mano che il latte sale lungo quella che
Thomas chiama la “scala di fermentazione”, che parte dallo yogurt e culmina con i
formaggi a pasta dura che sono praticamente senza lattosio, quest’ultimo viene sempre più eliminato. “Se a una festa qualcuno
dice: ‘Non posso mangiare quella roba, sono intollerante al lattosio’, potete tranquillamente rispondergli: ‘Sta zitto e prendi il
parmigiano’”.
Analizzando i frammenti di vasi trovati
in Eurasia e in alcune zone dell’Africa, è stato dimostrato che gli esseri umani hanno
fatto fermentare il latte per migliaia di anni
prima che la tolleranza al lattosio si difondesse. E proprio qui sta il mistero: se potevamo consumare il latte semplicemente
lasciandolo riposare per un paio d’ore o per
qualche giorno, non sembra avere molto
senso che l’evoluzione abbia deciso la mutazione della tolleranza al lattosio, e meno
che mai che si sia estesa tanto. La cultura
aveva già trovato un modo per aggirare la
nostra biologia. Sono state avanzate varie
ipotesi per spiegare perché la selezione naturale ha deciso che dovevamo bere il latte,
ma i biologi evoluzionisti sono perplessi.
“Posso azzardare qualche ipotesi sul
perché potrebbe costituire un vantaggio,
ma non ho nessuna certezza”, dice Thomas.
“Ha un diferenziale di selezione troppo alto, quasi folle, per le ultime migliaia di anni”.
Un “differenziale di selezione alto” è
una sorta di eufemismo darwiniano. Signiica che gli individui che non potevano bere
latte tendevano a morire prima di poter riprodurre. Nel migliore dei casi avevano
meno igli e più malaticci. Un diferenziale
così  determinante  per  la  sopravvivenza
sembra indispensabile per spiegare la rapidità con cui la mutazione si è difusa in tutta
l’Eurasia e ancora più velocemente in Africa. I non idonei probabilmente portavano
con sé nella tomba i loro genomi intolleranti al lattosio.
Il latte, in qualche modo, salvava la vita.
Questo è abbastanza strano, perché in fondo è solo un alimento, una fonte di sostanze
nutritive e di calorie come tante altre. Non è
una medicina. Ma dev’esserci stato un momento nell’arco della storia umana in cui la
dieta e l’ambiente hanno congiurato per
creare condizioni simili a quelle di una malattia epidemica. E in quelle circostanze il
latte potrebbe aver svolto la funzione di un
farmaco salvavita.
Il prezzo dell’agricoltura
Non esistono documenti scritti del periodo
in cui gli uomini hanno inventato l’agricoltura, ma se ci fossero, racconterebbero una
storia di dolore. L’agricoltura, per usare le
parole del biologo statunitense Jared Diamond, è stato il “peggior errore della storia
umana”. Il modo di nutrirsi precedente,
quello dei cacciatori-raccoglitori, garantiva
una dieta abbastanza sana, soprattutto dal
punto di vista della varietà. Ma aveva reso
gli uomini una specie nomade e senza radici. L’agricoltura significava stabilità. Ha
anche trasformato la natura in una macchina per sfamare esseri umani, ma per questo
abbiamo dovuto pagare un prezzo. Infatti
una volta che l’uomo ha cominciato a fare
aidamento sulle poche colture che sapeva
far crescere in modo aidabile la nostra salute collettiva è notevolmente peggiorata. I
resti dei primi agricoltori neolitici mostrano
chiari segni di carie, anemia e bassa densità
ossea. La statura media è scesa di circa cinque centimetri, mentre la mortalità infantile è aumentata. Malattie dovute a carenze
di vitamine, come lo scorbuto, il rachitismo,
il beriberi e la pellagra erano problemi gravi. Stiamo ancora cercando di riprenderci
da quel cambiamento: le malattie cardiache, il diabete, l’alcolismo, la celiachia e
forse anche l’acne sono il risultato diretto
del passaggio all’agricoltura.
Nel frattempo il suo alter ego, la civiltà,
stava costringendo per la prima volta le persone a vivere nelle città, che erano gli am bienti perfetti per la rapida diffusione di
malattie infettive. Con tutte quelle tribolazioni, nessuno avrebbe mai pensato che un
tempo le cose erano andate, e potevano ancora andare, diversamente. Siamo stati aflitti dalla peste per migliaia di anni.
Fu in queste terribili condizioni che si
afermò la mutazione della tolleranza al lattosio. Ricostruendo gli schemi di migrazione è apparso chiaro che la tolleranza al lattosio che invase l’Eurasia era stata portata
da popoli contadini più sani dei loro vicini
che non bevevano latte. Dovunque arrivassero l’agricoltura e la civiltà, arrivava anche
la tolleranza al lattosio. L’agricoltura e il latte sono diventati la spina dorsale della civiltà occidentale.
Ma è diicile sapere con certezza perché il latte costituisse un vantaggio. Forse
forniva sostanze nutritive che non erano
presenti nelle colture primitive. Una delle
prime ipotesi, probabilmente errata, cercava di collegare la tolleranza al lattosio alla
carenza di vitamina D e di calcio. La genetista dell’Mit Pardis Sabeti ritiene che il latte
aumentasse le riserve di grasso delle donne
e quindi la loro fertilità, contribuendo direttamente a renderle idonee in senso darwiniano, anche se lei stessa e altri biologi ammettono che il maggior contributo che il
latte potrebbe aver dato alla sopravvivenza
dell’Homo sapiensprobabilmente è stato
come fonte di acqua potabile: un ruscello o
uno stagno potevano sembrare puliti ma
contenere pericolosi agenti patogeni, mentre il latte munto da una capra dall’aspetto
sano era probabilmente sano.
Tutte queste ipotesi sembrano più o meno sensate, ma anche le persone che le hanno avanzate non le trovano del tutto convincenti. “La teoria dell’acqua potabile funziona per l’Africa, ma non per l’Europa,” dice
Thomas, che propende più per la tesi che il
latte integrasse l’alimentazione: “Se il raccolto andava distrutto e non potevi bere
latte, eri morto. Ma nessuna delle spiegazioni che sono state date è suiciente”.
La storia è ancora confusa, ma un paio
di cose le abbiamo capite: la nascita della
civiltà ha coinciso con uno strano scherzo
della nostra storia evolutiva. Per usare il termine coniato da un paleoantropologo, siamo diventati “mampiri”, creature che si
nutrono dei luidi di altri mammiferi. Sembra  che  la  civiltà  occidentale,  gemella
dell’agricoltura, avesse bisogno del latte per
svilupparsi. Nessuno sa perché.
Per il momento, la versione mitica della
storia non è poi così malvagia. Nel giardino
dell’Eden, Adamo ed Eva erano raccoglitori, coglievano i frutti dagli alberi. Caino
l’agricoltore e Abele il pastore rappresentavano due possibili sviluppi futuri: l’agricoltura e la civiltà contrapposte all’allevamento degli animali e al nomadismo. Caino ofrì
a Dio i frutti e le verdure che aveva coltivato, Abele un sacriicio animale, che secondo
lo storico romano Flavio Giuseppe consisteva in una coppa di latte. L’agricoltura,
nella sua prima forma, aveva portato malattie, deformità e morte, perciò Dio la respinse e preferì il latte di Abele. Caino s’infuriò
e, dato che era il prototipo del cittadino
amorale, uccise suo fratello. Dio lo punì con
l’esilio, ordinandogli di vagare per la terra
come il fratello pastore che aveva ucciso.
Alla ine Caino e l’agricoltura l’hanno avuta
vinta – gli esseri umani si sono stabiliti nelle
città e hanno vissuto dei prodotti agricoli –
ma solo diventando un po’ come Abele. E la
civiltà è andata avanti

Nessun commento:

Posta un commento