giovedì 24 aprile 2014

983 - La spesa a buon mercato Der Spiegel, Germania. Foto di Joe Buglewicz Ravioli con i vermi, gamberetti agli antibiotici e fragole contaminate: se dalla Cina arrivano alimenti pericolosi è anche colpa dell’Europa. Che risparmia sui controlli

ufu,  la  città  dove  è  nato
Confucio, nella provincia
dello Shandong, non è particolarmente bella. Ma in
questa  zona  del  sudovest
della Cina i campi valgono
oro. Da qui alla ine di settembre è partito
un carico di fragole diretto in Germania.
Nelle città dell’entroterra cinese, dove i
camion carichi di carbone o di travi di ferro
delle fonderie sfrecciano sulle strade appena asfaltate, l’aria è nera di smog. I campi
coltivati che si estendono a perdita d’occhio
forniscono il cibo al paese più popoloso del
mondo. La raccolta dei peperoncini e del
cotone è appena terminata. Tra due settimane sarà il turno del riso, poi ad aprile
quello dell’aglio. Così adesso migliaia di
contadine se ne stanno inginocchiate nei
campi a piantare i bulbi di una pianta particolarmente redditizia per il settore alimentare internazionale. “L’aglio si mangia dappertutto”, spiega Wu Xiuqin, 30 anni, direttrice delle vendite di un’azienda agricola
chiamata Success. “Lo vendiamo ovunque
nel mondo e sempre di più anche in Germania”. Al momento, una tonnellata di aglio
bianco costa 920 euro, e i tedeschi, spiega
Wu, tengono molto alla “purezza” di questo
prodotto, che vogliono ricevere ripartito in
piccole confezioni. Più dell’80 per cento
dell’aglio venduto a livello globale arriva
dalla Repubblica popolare cinese. La Success ne produce diecimila tonnellate all’anno. E, a giudicare da quel che si vede alle
iere dell’alimentazione di Berlino e di altre città, nessun paese del mondo è in grado di
tenere testa alla Cina. La ditta produce
aglio sbucciato, in iocchi, granulare e in
polvere, e adesso ha inserito nell’assortimento anche lo zenzero, il peperoncino, le
carote, le pere, le mele, le patate dolci e le
arachidi. Il paese dove già si cuciono i nostri
vestiti, si assemblano i nostri smartphone e
si fabbricano i giocattoli dei nostri igli sta
diventando un importante fornitore di beni
alimentari per la Germania. Dato che l’immagine di questo paese non è generalmente positiva tra i consumatori, di solito l’industria alimentare sorvola sull’origine dei
prodotti. La quantità di ingredienti coltivati
e lavorati in Cina che inisce sulle tavole tedesche è risultata più chiara a molti solo alla
ine di settembre, quando migliaia di bambini della Germania orientale hanno soferto di diarrea e vomito. L’epidemia era stata
probabilmente causata da una fornitura di
fragole cinesi contaminate da norovirus.
Cibo globale
I lussi globali di generi alimentari hanno
risvolti bizzarri. In alcune zone della Cina la
popolazione ha tuttora poco da mangiare.
Per questo il paese acquista terreni in Africa
e importa quantità massicce di latte in polvere e carne di pollo e di maiale. Nel 2011 le
aziende dell’Unione europea hanno venduto 393mila tonnellate di carne di maiale alla
Cina, l’85 per cento in più rispetto all’anno
precedente. Per le multinazionali dell’alimentazione il paese è un mercato in espansione che fa gola. D’altra parte, anche la
Cina vende all’Europa molti più generi alimentari che in passato. Il campione mondiale delle esportazioni ha individuato a
sua volta un mercato in crescita decisamente redditizio. Tra il 2005 e il 2010 il valore
globale delle esportazioni cinesi di alimenti è quasi raddoppiato, attestandosi sui 41
miliardi di dollari. E la Germania nel 2011
ha importato dalla Cina 1,4 miliardi di euro
di prodotti alimentari. Per ora è solo un 2
per cento di tutte le importazioni alimentari tedesche, ma “la Cina si è inserita in questo settore con una rapidità e un impeto
straordinari”, sostiene un esperto.
Come sempre, il paese si è adattato alle
esigenze del mercato. Se in passato negli
alimentari tedeschi si trovavano soprattutto prodotti tipici, oggi esiste un fiorente
mercato di alimenti di base e ingredienti
prelavorati a buon mercato, come per esempio i secchi di fragole da dieci chili che sono
initi nelle mense scolastiche tedesche. Sono due gli aspetti che rendono la Cina interessante per i grandi gruppi industriali come Nestlé, Unilever o Metro: il prezzo e il
volume. “Naturalmente potremmo acquistare le cipolle o i funghi anche da dieci fornitori diversi, ma sarebbe un immenso dispendio di energie”, spiega il dirigente di
un’azienda alimentare. I distributori devono far sì che i produttori rispettino le regole
del paese importatore, assisterli e controllarli. In Cina i campi sono sterminati come
il numero dei lavoratori a basso reddito.
“Raccogliere, lavare e tagliare le fragole è
un lavoro ad alta intensità di manodopera
perché l’uso di macchinari è praticamente
impossibile”, spiega Felix Ahlers, il diretto re del produttore di surgelati tedeschi Frosta. Quindi procurarsi la frutta in Europa,
come fa la sua azienda, è costoso. Ma certe
ditte pensano solo al risparmio.
Anche la gamma di prodotti oferti dalla
Cina sembra quasi ininita. Il paese è diventato per esempio il primo esportatore mondiale di miele, e inoltre produce una quantità crescente di cibi pronti, che sul mercato
hanno un margine di proitto anche maggiore delle materie prime. Una parte consistente del pescato mondiale di salmone
viene lavorata in Cina, dove si efettua tra
l’altro l’afumicatura. Nella patria dell’anatra alla pechinese ormai si preparano anche
le pizze surgelate dirette al mercato globale,
a un quinto del prezzo tedesco. Dal punto di
vista ambientale la produzione di pizze su
scala globale non è così preoccupante. Secondo i calcoli dell’istituto di ecologia applicata di Friburgo, il trasporto di surgelati
non incide granché sull’ambiente. Ovviamente sarebbe “meglio mangiare sempre
prodotti locali e di stagione”, dice Moritz
Mottschall, un collaboratore dell’istituto,
ma se a qualcuno viene voglia di fragole in
autunno, il trasporto via mare di dieci tonnellate di frutta dalla Cina genera un’emissione di anidride carbonica di 1,3 tonnellate.
Quando la stessa quantità di fragole viaggia
in camion da Alicante ad Amburgo, nell’aria
si immettono 1,56 tonnellate di CO2.
Il problema principale dei generi alimentari cinesi è il contesto produttivo loc  le: l’inquinamento provocato dai pesticidi
tossici e dall’eccessiva somministrazione di
antibiotici al bestiame si associa a volte a
un’assoluta mancanza di scrupoli. Nel 2008
la melamina, un agente chimico, ha danneggiato la salute di 300mila neonati: i produttori cinesi avevano tagliato il latte in
polvere con quella sostanza, che tra le altre
cose è dannosa per i reni. Inoltre hanno anche messo in vendita piselli tinti di verde
che perdevano il colore durante la cottura,
orecchie di maiale inte, cavoli contenenti
formaldeide, e gli oli usati dei ristoranti, recuperati dagli scarichi, trattati e imbottigliati. Il quotidiano China Daily ha riferito
perino di inte uova di gallina, e la notizia
risulta divertente solo per chi ha la sicurezza di non doverne mai mangiare.
In Cina, dove le garanzie per i consumatori non esistono, l’attivista Wu Heng è diventato una celebrità. La scorsa primavera
Wu ha letto di una strana polverina che i
produttori aggiungevano alla carne di maiale per venderla come manzo. Wu non è
più riuscito a mangiare i piatti che contengono manzo. Allora ha aperto un sito web
con una mappa su cui sono segnati tutti gli
scandali alimentari riferiti dai mezzi d’informazione cinesi. Wu ha chiamato il suo
sito “Lancialo fuori della inestra”, un’allusione al presidente degli Stati Uniti Theodore Roosevelt che un giorno, mentre faceva colazione, gettò disgustato una salsiccia
fuori dalla inestra dopo aver sentito in che
condizioni erano i mattatoi di Chicago.
I prodotti più preoccupanti sono quelli
di origine animale, aferma Zhou Li, docente dell’università Renmin di Pechino, che
studia la sicurezza dei generi alimentari.
Dato che la carne è più remunerativa della
verdura, aumenta il desiderio di massimizzare i proitti. Come ha osservato Zhou, un
tempo i contadini mangiavano quel che
vendevano. Invece oggi si sono resi conto
degli efetti nocivi dei pesticidi e dei fertilizzanti, degli ormoni e degli antibiotici, e destinano una parte della loro produzione al
mercato, mentre per nutrire la loro famiglia
continuano a coltivare secondo i metodi
tradizionali. Molti ricchi hanno acquistato
da tempo aziende agricole personali per
non dover dipendere dall’oferta dei supermercati. Secondo i giornali esistono perino
campi speciali per produrre il cibo destinato
ai funzionari d’alto rango del governo.
Nel 2009 il governo cinese ha approvato
una nuova legge sulla sicurezza dei prodotti alimentari e nel 2010 ha istituito una
commissione ad hoc. Inoltre in futuro i consumatori che denunceranno attività illegali
riceveranno un premio in denaro. Ma per capire che non sempre tutto procede come
previsto basta dare un’occhiata a Bruxelles,
dove un sistema di allerta sugli alimenti e i
mangimi avverte tutti i paesi dell’Unione
europea della presenza di un prodotto contaminato. Fino all’inizio dello scorso otto bre a Bruxelles erano stati segnalati, solo
per il 2012, 262 carichi provenienti dalla Cina. Tra i prodotti in questione c’erano ravioli infestati dai vermi, gamberetti contaminati dagli antibiotici, arachidi maleodoranti e frutta candita con troppo zolfo.
Ulrich Nöhle conosce molto bene il settore alimentare cinese. Il professore di chimica degli alimenti efettua da molti anni
veriiche indipendenti nella Repubblica popolare, dove controlla la qualità dei prodotti per diversi rivenditori tedeschi. L’esperto
sostiene che dalla Cina arriva “quel che si
ordina”. Bisogna specificare ai fornitori
“come allevare il bestiame o quali requisiti
devono essere soddisfatti per procurarsi la
certiicazione biologica”. Chi invece ordina
in Cina solo le merci più economiche senza
fare controlli non può lamentarsi se poi non
riceve i prodotti che si aspettava. Una volta
Nöhle si è accorto che i dolciicanti ordinati
in Cina dalla Germania avevano un ripugnante odore di solventi. Quando ne ha
parlato con i produttori cinesi loro gli hanno
risposto: “Puzzano sempre così”. Nöhle ha
dovuto far ristrutturare gli impianti inché
la merce non ha soddisfatto le esigenze dei
suoi clienti. Quando inine i prodotti vengono spediti non si fanno quasi più controlli.
Al porto di Amburgo, dove arriva buona
parte degli alimenti provenienti da oltreoceano e diretti al mercato europeo, già il 15
per cento delle spedizioni contenenti ingredienti di origine animale e il 20 per cento di
quelle di origine vegetale provengono dalla
Cina. Per il pesce, la carne, il miele e i prodotti caseari, l’importatore deve dichiarare
in anticipo l’arrivo della merce all’uicio
veterinario e delle importazioni del porto di
Amburgo e presentare i documenti di trasporto. A quel punto spetta all’uicio stabilire se i prodotti possono entrare nel paese
senza altri controlli. I container sigillati sono aperti solo in caso di dubbi sul
contenuto. Allora i veterinari accertano che il sistema di refrigerazione funzioni e che il trasporto
si sia svolto alla giusta temperatura. Altre veriiche sono responsabilità delle autorità locali di controllo alimentare, più esperte di fast food che di lussi globali di merci.
I prodotti di origine vegetale sono ancora meno sorvegliati: che siano freschi, surgelati o sotto forma di conserve, in genere
entrano nell’Unione europea senza alcun
tipo di controllo. A questa regola fa eccezione solo un piccolo gruppo di alimenti particolari che in passato sono stati al centro di
scandali o che sono considerati sospetti.
Molti di questi provengono dalla Cina: arachidi, soia, riso, ravioli, pompelmi  e tè.
Questi prodotti sono controllati di frequente, e in alcuni casi singoli paesi ne bloccano
le importazioni. L’irregolarità dei controlli
rende diicile anche l’individuazione delle
cause quando insorgono problemi. In quasi
la metà delle 3.697 segnalazioni inviate
dall’Unione europea nel 2011, le associazioni di tutela del consumatore “non sono state in grado di risalire al produttore originario”, aferma Nöhle. Però il fornitore delle
fragole è stato identiicato: i frutti sono stati
coltivati, raccolti e surgelati nella provincia
cinese dello Shandong e li ha spediti dal
porto di Qingdao ad Amburgo la Foodstuf.
In Germania le 44 tonnellate sono state ricevute e sdoganate dalla ditta di intermediazione Elbfrost Tiekühlkost, che il giorno dopo le ha trasportate con dei tir ino a
Mehltheuer, una cittadina della Sassonia. Il
principale destinatario del carico della Elbfrost era la Sodexo, un’impresa internazionale di catering con sede in Francia, che in
Germania gestisce sessantacinque cucine
regionali. Ora le autorità stanno cercando
di capire in che punto della iliera le fragole
siano state contaminate.
Prezzi vantaggiosi
I dirigenti della Elbfrost hanno annunciato
che non si riforniranno più in Cina e hanno
spiegato che la ditta non può garantire che i
produttori cinesi spediscano “merci di qualità ineccepibile”. Come mai allora la Elbfrost aveva deciso di acquistare quei pro dotti? Nella Repubblica popolare l’azienda
sassone non comprava solo fragole ma anche funghi e asparagi. La Elbfrost sostiene
di dipendere dalle importazioni e i suoi vertici mettono l’accento sul “prezzo vantaggioso” degli ingredienti cinesi. Nel 2011 la
Germania ha importato dalla Cina più di
31mila tonnellate di fragole prelavorate, costate in media 1,10 euro al chilo.
Walmart, Carrefour, Tesco e
Metro, le catene di supermercati
più grandi del mondo, ma anche
industrie alimentari come CocaCola,  Unilever,  Barilla,  Campbell’s o Nestlé hanno capito di non poter
fare aidamento né sui fornitori né sui controlli statali. Ma non possono neanche permettersi di vendere cibi contaminati, perché il danno per la loro immagine sarebbe
immenso. Per questo le aziende più importanti del settore hanno unito le forze per dar
vita alla Global food safety initiative e sviluppare un proprio sistema di controlli della
qualità. “Concordiamo con i produttori le
norme più appropriate”, spiega Peter Overbosch, della gestione internazionale della
qualità di Metro. Ma queste misure non riguardano  le  imprese  più  piccole,  come
quelle che riforniscono le ditte di catering e
i ristoranti. E in in dei conti anche il consumatore ha le sue responsabilità. In generale, afferma un supervisore alimentare di
Amburgo, la Cina è in grado di produrre alimenti di alta qualità, “ma arriva a destinazione quel che si è disposti a pagare”. Insomma, se si fa la spesa a buon mercato si
riceve anche cibo a buon mercato.  u  fp  

Nessun commento:

Posta un commento