domenica 4 maggio 2014

987 - Il mondo visto da Google maps

D
ietro  a  ogni  mappa  di
Google ce n’è una più
complessa. E anche se
non si vede, è la chiave
del sistema di ricerca.
Questa mappa profonda contiene la logica dei luoghi: i divieti di
svolta a destra o a sinistra e le rampe di accesso alle superstrade, i limiti di velocità e
le condizioni del traico. Sono i dati a cui
attingiamo quando chiediamo a Google di
guidarci dal punto A al punto B. Nel settembre del 2012 Google mi ha fatto vedere questa mappa spiegandomi come viene costruita. Era la prima volta che permetteva a
qualcuno di osservare come funziona davvero il progetto Ground truth.
Google ha aperto le porte in un momento decisivo della sua evoluzione. L’azienda
è nata come motore di ricerca online e per
anni ha fatto soldi quasi esclusivamente
vendendo annunci pubblicitari basati sulle
ricerche degli utenti. Ma poi è esploso il
mondo dei dispositivi mobili, e il posto da
cui partono le ricerche è diventato importante quasi come ciò che si cerca. Google ha
creato un sistema operativo, un marchio e
un ecosistema, Android, che è diventato
l’unico rivale dell’iOS di Apple. Per una
buona ragione. Se la missione di Google è
organizzare tutte le informazioni del mondo, la sida più importante è raccogliere le
informazioni isiche del mondo e renderle
accessibili e utili.
“Se guardiamo il mondo oline, il mondo reale in cui viviamo, ci rendiamo conto
che queste informazioni non sono tutte online”, mi ha detto Manik Gupta, il senior
product manager di Google maps. “Ma ogni
giorno, mentre viviamo la nostra vita, cerchiamo di colmare il divario tra quello che
vediamo nel mondo reale e quello che c’è in
rete, e Google maps svolge ino in fondo la
sua parte”. Non è solo una preoccupazione
teorica. I sistemi di mappatura sono importanti per i telefoni perché rappresentano
l’interfaccia tra il mondo oline e quello online. Google è impegnato in una competizione con l’azienda più grande del mondo,la Apple, su chi controllerà il futuro della
telefonia mobile. Mentre i punti di forza
della Apple sono il design, la gestione della
catena di distribuzione e le strategie di vendita al dettaglio, il vantaggio di Google è
l’informazione. Con i dati geograici – e con
le applicazioni create per usarli – Google
può vincere per il semplice fatto che è Google. Il modo in cui i due sistemi operativi
acquisiscono i dati geograici e li presentano agli utenti potrebbe diventare un terreno
di scontro importante nella guerra dei telefoni mobili. Ma potrebbe anche produrre
delle mappe migliori.
L’asso nella manica
L’uicio dove Google sta realizzando la migliore rappresentazione possibile del mondo non ha niente di speciale. Ci sono snack
gratuiti, tavoli da ping pong e fumetti di
Christoph Niemann ispirati a Google maps,
tutte  cose  che  uno  si  aspetta  di  trovare
nell’uicio di Google, in un ediicio basso
alla periferia di Mountain View, appena
fuori dall’autostrada 101. Ho un appuntamento con Gupta e il capo ingegnere della
sua squadra, l’ex ingegnere della Nasa Michael Weiss-Malik, che lavorava a Google
Mars, e Nick Volmar, un “operatore” che
manipola i dati delle mappe.
“E così vuoi fare una mappa”, mi ha detto Weiss-Malik mentre ci sedevamo davanti a un monitor gigantesco. “Ci sono un paio
di passaggi. Prima ti procuri dei dati da
aziende partner e fai un bel po’ di lavoro
d’ingegneria per metterli nel formato giusto e fonderli con quelli di altre fonti. Poi
servono un mucchio di altre operazioni per
intervenire manualmente su questi dati. E
alla fine salta fuori un prodotto migliore
della somma delle sue parti”.
Loro hanno cominciato così, con i dati
del Census bureau, l’uicio del censimento
statunitense (vedi foto a pagina 46). A un
primo esame questi dati appaiono straordinari: sembra che le strade ci siano tutte e le
autostrade sono ben diferenziate. Per un
occhio inesperto è una buona mappa. Ma se
la guardiamo più da vicino ci sono alcuni
punti in cui i dati digitali non coincidono
con il mondo reale. Ne ho cerchiati alcuni
abbastanza evidenti (vedi foto a pagina 47).
Sono riuscito a individuarli solo confrontando la mappa con le immagini satellitari. Ma Google ha a disposizione altri
strumenti. Il primo è introdurre dati di altre
fonti, per esempio quelli della Us geological
survey, l’agenzia che studia il territorio degli Stati Uniti. Le persone che lavorano al
progetto Ground truth hanno anche un altro asso nella manica: i percorsi e le immagini delle auto di Street view. In coerenza
con lo slogan “più dati signiica dati migliori”, basandosi soprattutto su Street view la
squadra delle mappe pubblica più immagini ogni due settimane di quanti ne possedesse  complessivamente  Google  nel
2006.
All’inizio l’idea che un’azienda decidesse di mandare delle auto dotate di telecamera in ogni strada accessibile sembrava
incredibile. Google ormai ha percorso un
totale di otto milioni di chilometri. Ogni
viaggio genera due tipi di dati utili per la
mappatura. Il primo è il percorso realmente
seguito da ogni auto, cioè la prova che un
determinato itinerario è fattibile. Il secondo
sono le foto. E la cosa più importante delle
foto di Street view è che Google può ricavare degli algoritmi in grado di estrapolare i
segnali stradali e perino d’incollarli sulla
mappa profonda. Quindi, per un incrocio
complicato a San Francisco, la mappa potrebbe apparire così  (vedi foto a pagina 48).
Street view non è stato ideato per creare
mappe come questa, ma la squadra geograica si è subito resa conto che la visione artiiciale poteva procurare dati incredibili per
migliorare la fedeltà delle sue mappe. Non
vorrei allontanarmi dall’argomento, ma
questa mappa è solo l’inizio del modo in cui
Google vuole usare le immagini di Street
view. Sono un po’ come i primi  web  crawlers,
programmi che analizzavano e indicizzavano i contenuti di una rete andando in giro
per il mondo alla ricerca di parole nelle pagine. Street view fa praticamente la stessa
cosa. Uno dei suoi primi compiti è trovare i
segnali stradali (e gli indirizzi) in modo che le mappe di Google possano capire meglio
la logica dei sistemi di trasporto umani. A
mano a mano che la visione artiiciale e il
riconoscimento ottico dei caratteri miglioreranno, ogni parola visibile in una strada
entrerà a far parte dell’indice del mondo isico di Google.
Più tardi, nella stessa giornata, il vicepresidente di Google maps, Brian McClendon, mi ha detto: “Potremo davvero organizzare  l’informazione  fisica  scritta  del
mondo, se riusciremo a leggerla e a localizzarla. Già lo facciamo per creare le mappe
estraendo i nomi delle strade e gli indirizzi,
ma c’è molto di più”. Cosa? “Abbiamo i cosiddetti ‘codici di osservazione’ per sei milioni d’imprese e venti milioni di indirizzi,
dove sappiamo esattamente cosa stiamo
guardando. Siamo in grado di riconoscere i
marchi e scoprire dove sono i cartelli del
Kentucky Fried Chicken. Siamo in grado
d’individuare e capire la semantica di tutti i
pixel che abbiamo ottenuto. Questo è essenziale per il nostro lavoro”, ha aggiunto
McClendon. Ma per il momento una visione artiiciale in grado di trasformare automaticamente le immagini di Street view in
comprensione geograica rimane futuristica. Il modo migliore per capire se puoi girare a sinistra a un incrocio è ancora guardare
il segnale, stando al volante o guardando
un’immagine generata da una macchina di
Street view.
C’è un parallelo con un altro progetto di
Google: Google translate. Quella che sembra intelligenza della macchina in realtà è
solo una ricombinazione dell’intelligenza
umana. Google translate si fonda su enormi
quantità di testi tradotti in diverse lingue
dagli esseri umani, da cui poi estrae parole
e frasi che combaciano. Gli algoritmi in realtà non sono così complessi, ma funzionano grazie all’immenso numero di dati (l’intelligenza umana) messi al servizio di questo compito.
Un cambiamento radicale
Google maps ha fatto un’operazione simile.
Gli esseri umani stanno codiicando ogni
frammento della logica delle strade in una
rappresentazione del mondo, perciò i computer devono solo riprodurre (all’ininito,
all’istante) le valutazioni fatte da persone in
carne e ossa. Questo meccanismo è incarnato da Nick Volmar, l’operatore che mi ha
mostrato la mappa profonda mentre WeissMalik e Gupta me la spiegavano. Usa venticinque tasti di scelta rapida per muoversi
tra diversi tipi di dati sulla mappa. È chiaro
che ha passato migliaia di ore a lavorare con
questi dati. Weiss-Malik mi ha detto che ci
vogliono centinaia di operatori per mappare un paese. La mole di lavoro umano che va
nelle mappe di Google è strabiliante. Ogni
strada che vedete leggermente di traverso
nell’immagine in alto è stata ritoccata a mano da una persona. Il momento più sorprendente è stato quando mi hanno mostrato un
paio delle migliaia di segnalazioni quotidiane  degli  utenti  che  hanno  problemi  con
Google maps. La squadra geograica cerca
di afrontare la maggior parte dei problemi
risolvibili in pochi minuti. Un utente aveva
segnalato che Google non riportava una
nuova rotatoria costruita in una zona rurale
del paese. Le immagini del satellite non
mostravano il cambiamento, ma poco tempo prima un’auto di Street view era passata
per quella via e il suo percorso indicava la
nuova strada.
Volmar ha cominciato ad aggiustare la
mappa, disegnando la nuova strada e collegandola alle infrastrutture preesistenti. Per
la fretta (e forse per la pressione di tre persone che osservavano ogni sua mossa), non
ha tracciato un cerchio perfetto. Weiss-Malik e io abbiamo parlato d’altro per un paio
di minuti. Quando mi sono girato verso lo
schermo, Volmar aveva ridisegnato il cerchio con una precisione incredibile e aveva
aggiornato qualche altro dettaglio. Le sue
azioni erano automatiche.
Ecco in che modo le vostre mappe arrivano a essere come quella a pagina 49.
Alcuni particolari meritano di essere
sottolineati. In alto al centro sono stati individuati i sentieri e sono stati segnalati come
percorsi pedonali. Tutti i parcheggi sono
stati contrassegnati, e così le stradine alla  sinistra della piccola chiazza di terra a destra. Sono stati tracciati i contorni di molti
ediici. In basso a sinistra è segnalato un divieto di accesso. A ogni incrocio ci sono delle frecce che indicano dove possono svoltare le macchine. Immaginate di aver fatto la
stessa cosa per ogni porzione delle mappe
Google degli Stati Uniti e di altri trenta paesi per quattro anni. Ogni rotatoria perfettamente circolare, ogni incrocio con la logica
giusta, ogni strada a senso unico. È un compito di una portata inimmaginabile, che non
si può fare solo con qualche decina di bravi
ingegneri.
Dopo la mia visita sono convinto che dificilmente i dati geograici raccolti da Google potranno essere eguagliati da un’altra
azienda. Il segreto del suo successo non è
l’abilità a gestire i dati, ma la disponibilità a
impegnare delle persone per combinare e
riinire i dati del mondo isico. Le pagine di
Google maps si basano innanzitutto sull’intelligenza umana e questo permette ai suoi
computer di segnalare la strada migliore da
San Francisco a Boston.
È meglio non pensare alla similitudine
tra Google maps e le mappe cartacee. I sistemi d’informazione geograica rappresentano un passo avanti enorme rispetto
alle mappe. “Per la creazione delle mappe
credo che stiamo assistendo a un cambiamento più radicale del passaggio dal manoscritto alla stampa nel rinascimento”, ha
dichiarato Jerry Brotton, storico della cartograia all’University of London, in un’intervista al Sydney Morning Herald. Le mappe
che tenevamo in macchina erano una serie
di linee e di forme a cui si aggiungeva l’intelligenza umana. Oggi una mappa è un insieme di linee e forme in cui viene inglobata
l’intelligenza di Nick Volmar (e di centinaia
di altre persone).
Quando si parla del futuro delle mappe
capita spesso di fare riferimento a Jorge
Luis Borges, che sognava una mappa 1:1 del
mondo intero. L’idea di aver bisogno di una
rappresentazione  completa  del  mondo
quando abbiamo già il mondo reale sembra
ridicola. Ma per prendere sul serio il concetto di realtà aumentata di Nathan Jurgenson
dobbiamo credere che ogni spazio isico sia,
secondo la sua deinizione, “interpenetrato” d’informazioni. Tutti gli spazi isici sono
già spazi informativi. Gli esseri umani hanno in testa una mappa come quella di Borges dei luoghi che conoscono e la usano per
navigare e calcolare lo spazio isico. L’idea
di Google è mettere insieme le nostre mappe mentali ed elaborarle in forma accessibile. Map maker rende chiara quest’ambizione. Il progetto, diretto da Gupta quand’era
in India, è la versione dal basso di Ground
truth. È un modo pubblicamente accessibile per mettere a punto le mappe di Google
aggiungendo le principali attrattive e i dati
della vostra parte di mondo. Ed è un modo per risucchiare dati dai cervelli umani e riversarli nella rete. Somiglia molto al concorrente di Google, Open street map, che a
sua volta ha dimostrato di saper imbrigliare
l’intelligenza della folla.
Ora che scivoliamo in un mondo dove la
realtà aumentata è sempre più visibile, ofline e online, i dati geograici di Google possono diventare il suo bene più prezioso. E
non solo grazie ai dati puri e semplici, ma
perché la localizzazione rende più prezioso
tutto quello che Google fa e sa. Come mi ha
detto il mio amico e autore di fantascienza
Robin Sloan: “Sono sicuro che questa è la
ricchezza principale di Google. Tra cinquant’anni sarà l’azienda delle auto che si
guidano da sole (basata su questa mappa
profonda del mondo) e avrà ancora un motore di ricerca da qualche parte”. Certo,
avrà ancora bisogno di un’altra informazione geograica perché valga la pena di compiere questo sforzo: voi. Sapere dove siete è
la corrente che manda avanti la gigantesca
macchina di geodati di Google. Il gioco che
hanno costruito è come un rainato richiamo: bello, intelligente e utile. Sarà diicile
non abboccare all’amo. u g 

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