domenica 10 novembre 2013

1025 - Meglio single Abigail Haworth, The Observer, Regno Unito

Per i giapponesi la vita di coppia è ancora legata a
un’idea tradizionale di matrimonio, che non si
adatta alle aspirazioni delle nuove generazioni.
Così molti rinunciano all’amore. E anche al sesso


i Aoyama è una consulen-te relazionale che eserci-ta nella sua piccola casa a
tre piani in una via secon-daria di Tokyo. In giap-ponese,  il  suo  nome  si-gniica “amore”, ed è un ricordo di quando
da giovane era una dominatrice professio-nista. A quell’epoca, quindici anni fa, si fa-ceva chiamare la Regina dell’amore, e face-va “le solite cose” come legare gli uomini e
versargli gocce di cera bollente sui capezzo-li. Il suo lavoro di oggi, dice, è molto più im-pegnativo. A 52 anni, cerca di curare quella
che  i  mezzi  d’informazione  giapponesi
chiamano sekkusu shinai shōkōgun, “sindro-me della castità”.
Sembra che in Giappone le persone sot-to i quarant’anni stiano perdendo interesse
per i rapporti di tipo convenzionale. Molte
non frequentano nessuno e sono sempre
più numerose quelle che non vogliono sa-perne del sesso. Secondo le autorità, questa
sindrome fa parte di una catastrofe nazio-nale incombente. Il Giappone ha il tasso di
natalità più basso del mondo. Si prevede
che la sua popolazione di 126 milioni di per-sone, in calo negli ultimi dieci anni, entro il
2060 diminuirà ancora di un terzo. Aoyama
pensa che il paese stia vivendo “una fuga
dall’intimità tra le persone” e questo è al-meno in parte colpa del governo. Sul cartel-lo davanti alla sua casa c’è scritto “Clinica”.
Mi accoglie in pantaloni da yoga e pantofole

di peluche, tenendo in braccio un pechinese
che mi presenta come Marilyn Monroe. Nel
suo opuscolo pubblicitario rivela con orgo-glio di essere stata in Corea del Nord e di
aver strizzato i testicoli a un generale. Non
speciica se era stata invitata lì a quello sco-po, ma il messaggio che vuole inviare ai suoi
potenziali clienti è chiaro: non è lì per giudi-care. Appena entrata, mi porta di sopra nel-la “stanza del relax”, una camera da letto
senza mobili fatta eccezione per un doppio
futon. “Qui staremo tranquille”, dice. La
prima cosa che fa con quasi tutti i suoi clien-ti è incoraggiarli “a smettere di scusarsi per
il semplice fatto di esistere”.
Nel  paese  il  numero  di  single  ha  rag-giunto livelli da record. Da un sondaggio
del 2011 è risultato che il 61 per cento degli
uomini e il 49 per cento delle donne tra i 18
e i 34 anni non sposati non avevano alcun
rapporto sentimentale, il 10 per cento in più
rispetto a cinque anni prima. Da un altro
studio è emerso che un terzo delle persone
sotto i trent’anni non aveva mai avuto una
relazione (non esistono dati per i rapporti
tra persone dello stesso sesso). Anche se in
Giappone – un paese libero dalla morale re-ligiosa – esiste da molto tempo una separa-zione tra amore e sesso, il sesso non se la
passa molto meglio.
Da un sondaggio condotto all’inizio di
quest’anno dall’Associazione per la pianii-cazione familiare (Jfpa) è emerso che al 45
per cento delle ragazze tra i 16 e i 24 anni
“non interessava il contatto sessuale o lo
disprezzava”. Più di un quarto dei ragazzi la
pensava nello stesso modo. Molte delle per-sone che vanno da lei, spiega Aoyama, sono
estremamente confuse. “Qualcuno vorreb-be avere un compagno o una compagna,
qualcun altro preferirebbe rimanere single,
ma pochi pensano a un normale rapporto
d’amore e al matrimonio”. Eppure la pres-sione che li spinge a conformarsi all’anacro-nistico modello familiare giapponese, in cui
il marito lavora e la moglie resta a casa, è
ancora forte. “Non sanno cosa fare. Vengo-no da me perché, cercando qualcosa di di-verso, pensano di non essere normali”.
Allarmismo dannoso
L’allarmismo delle autorità non aiuta. Nel
2012 sono nati meno bambini che in qual-siasi altro periodo (è stato l’anno in cui, per
la prima volta, in Giappone sono stati ven-duti più pannoloni per l’incontinenza che
pannolini per neonati). Secondo Kunio Ki-tamura, presidente della Jfpa, la crisi demo-graica è così grave che “prima o poi la po-polazione potrebbe estinguersi”. I giappo-nesi sotto i 40 anni non continueranno a
moltiplicarsi come hanno fatto le genera-zioni  del  dopoguerra.  Dopo  vent’anni  di
stagnazione economica, il paese sta viven-do un periodo di grande transizione sociale.
Sta anche subendo gli efetti psicologici del
terremoto, dello tsunami e del disastro nu-cleare del 2011. Non c’è modo di tornare
indietro. “Sia gli uomini sia le donne mi di-cono che non vedono l’utilità dell’amore.
Credono che non possa portare da nessuna
parte”, spiega Aoyama. “Le relazioni sono
troppo complicate”.
Il matrimonio è diventato un campo mi-nato di scelte poco attraenti. Ormai gli uo-mini giapponesi sono meno presi dalla loro
carriera e, dato che non hanno più la sicu-rezza del lavoro, hanno anche meno soldi

Le donne sono più indipendenti e ambizio­
se. Ma in famiglia e nei posti di lavoro persi­
ste  una  mentalità  conservatrice.  I  ritmi
massacranti delle aziende giapponesi ren­
dono quasi impossibile alle donne concilia­
re lavoro e famiglia, e se non si hanno due
stipendi non ci si può permettere di avere
un iglio. Convivere o avere igli senza esse­
re sposati è ancora poco comune anche a
causa degli ostacoli burocratici. Aoyama
dice che i due sessi, soprattutto nelle metro­
poli, “si stanno rapidamente allontanan­
do”. In mancanza di obiettivi comuni, mol­
ti  si  accontentano  di  quello  che  chiama
“amore fast food”, una gratiicazione mo­
mentanea sotto forma di sesso casuale e
relazioni lampo, ai quali si aggiungono i so­
liti sospetti tecnologici: la pornograia on­
line, le “partner” virtuali e gli anime. Oppu­
re rinunciano del tutto e sostituiscono il
sesso e l’amore con dei passatempi.
Alcuni dei clienti di Aoyama apparten­
gono  a  quella  piccola  minoranza  che  ha
portato l’isolamento sociale a livelli estre­
mi. Sono hikikomori (reclusi) che provano a
riprendere i contatti con il mondo esterno,
otaku (maniaci di anime e manga), o para-saito shinguru (single parassiti) che hanno
superato i trent’anni senza riuscire a lascia­
re la famiglia. “Alcuni non sono capaci di

entrare in relazione con l’altro sesso isica­
mente o in qualsiasi altro modo. Se li tocco
sussultano”, dice. “Sono soprattutto uomi­
ni, ma sto cominciando a vedere sempre
più donne”. Aoyama fa l’esempio di un uo­
mo di poco più di 30 anni, vergine, che non
riesce a eccitarsi se non vedendo i robot
femmina di un gioco simile ai Power Ran­
gers. “Uso tecniche come lo yoga e l’ipnosi
per farlo rilassare e aiutarlo a capire come
funziona il corpo umano”. A volte, con un
supplemento di parcella, si spoglia davanti
ai  suoi  pazienti  –  “assolutamente  niente
sesso” – per guidarli nell’esplorazione del
corpo femminile. In questi casi paragona il  

suo ruolo a quello delle oiran, le cortigiane
del periodo Edo (1603-1867), che iniziava-no i igli dei samurai all’arte del piacere.
Questa avversione per il matrimonio e
per  il  sesso  non  è  un  problema  solo  del
Giappone contemporaneo. E neanche la
crescente preoccupazione per i danni che
può  produrre  la  tecnologia  digitale.  Ma
quello che innumerevoli commissioni giap-ponesi non sono ancora riuscite a capire
quando si arrovellano sui motivi della rilut-tanza a procreare dei giovani del loro paese
è che, grazie alla miopia delle autorità, spes-so la decisione di rimanere single è perfet-tamente sensata. E questo vale per entram-bi i sessi, ma soprattutto per le donne. Oggi,
per le giapponesi, il matrimonio è la tomba
della loro sudata carriera.
Matrimonio o carriera
Incontro  Eri  Tomita,  32  anni,  un  sabato
mattina nell’elegante quartiere di Ebisu, a
Tokyo.  Tomita  fa  un  lavoro  che  le  piace
nell’ufficio  risorse  umane  di  una  banca
francese.  Ha  due  lauree,  parla  corrente-mente il francese e cerca di evitare qualsia-si rapporto sentimentale per concentrarsi
sulla sua carriera. “Tre anni fa un idanzato
mi ha chiesto di sposarlo. Ma mi sono resa
conto che tenevo di più al mio lavoro e gli ho
detto di no. Da allora ho perso qualsiasi in-teresse per i rapporti sentimentali. Quando
si arrivava a parlare del futuro, la cosa di-ventava imbarazzante”. Tomita dice che in
Giappone appena una ragazza si sposa non
ha più nessuna possibilità di fare carriera. “I
tuoi capi danno per scontato che prima o
poi resterai incinta”. Appena una donna ha
un bambino, aggiunge, diventa impossibile
rispettare i lunghi orari di lavoro. “Sei co-stretta a licenziarti. E inisci per diventare
una casalinga senza nessuna indipendenza
economica. Non è una scelta accettabile
per le donne come me”. Circa il 70 per cen-to delle donne giapponesi lascia il lavoro
dopo il primo iglio. Il World economic fo-rum classifica regolarmente il Giappone
agli ultimi posti per parità di diritti sul lavo-ro. E gli atteggiamenti sociali non aiutano.
Le donne sposate che lavorano sono spesso
demonizzate. In una signiicativa versione
giapponese della Carmen di Bizet in forma
di balletto di qualche anno fa, la protagoni

sta era rappresentata come una donna che
per fare carriera rubava i segreti dell’azien-da e poi dava la colpa al suo amante José,
che era una semplice guardia di sicurezza.
E lei non faceva una bella ine.
Di recente il primo ministro Shinzō Abe
ha annunciato un piano per favorire la par-tecipazione delle donne all’attività econo-mica del paese migliorando le loro condi-zioni di lavoro e l’accesso agli asili nido, ma
secondo Tomita le cose dovrebbero cam-biare drasticamente per spingerla a sposar-si senza lasciare il suo posto. “Vivo benissi-mo. Vado a mangiare nei ristoranti francesi
e italiani con le mie amiche, tutte donne in
carriera come me. Vesto alla moda e faccio
belle vacanze. Adoro la mia indipendenza”.
A volte passa la notte con uomini incontrati
in un bar, ma dice che per lei il sesso non è
una priorità. “Ogni tanto qualche collega
sposato in cerca di una relazione extraco-niugale mi invita a uscire. Danno tutti per
scontato che io abbia il disperato bisogno di
un uomo perché sono single”. Fa una smor-ia e poi dice con un’alzata di spalle: “Men-dokusai”. Mendokusai può essere tradotto
più o meno con “troppo complicato” o “che
seccatura”. È la parola che sento spesso usa-re da entrambi i sessi quando parlano della
loro fobia per i rapporti amorosi. Sembra
che vedano l’impegno sentimentale come
un peso o una noia, considerati i costi esor-bitanti delle case e le aspettative dei coniugi
e della famiglia. E molti sono ancora con-vinti che lo scopo principale del matrimonio
siano i igli. Un sondaggio dell’Istituto giap-ponese per la popolazione e la sicurezza
sociale ha rivelato che un sorprendente 90
per cento delle ragazze giapponesi pensa
che rimanere single “sia preferibile a come
immagina che sia il matrimonio”.
La sensazione che sia un peso insoppor-tabile è condivisa anche dagli uomini. Sato-ru Kishino, 31 anni, appartiene alla grande
tribù degli uomini sotto i 40 che si sta passi-vamente ribellando all’idea tradizionale di
virilità. Con la crisi e la precarietà degli sti-pendi, gli uomini come lui pensano che la
pressione sociale per fare di loro guerrieri
economici che guadagnano per mantenere
una moglie e dei igli sia anacronistica. Si
riiutano di puntare al successo nel lavoro e
in  amore.  “Troppa  fatica”,  dice  Kishino
quando gli chiedo perché non gli interessa
avere una idanzata. “Non guadagno abba-stanza per portare fuori una ragazza e non
voglio una donna che spera che il nostro
rapporto possa portare al matrimonio”.
Uomini erbivori
I  mezzi  d’informazione  giapponesi,  che
hanno un nome per tutti i fenomeni sociali,
chiamano quelli come lui sōshoku danshi,
“uomini erbivori”. Kishino dice che questa
etichetta non lo ofende perché ormai è di-ventata molto comune, signiica semplice-mente “un eterosessuale per il quale i rap-porti e il sesso non sono importanti”. Que-sto fenomeno è emerso qualche anno dopo
la messa in onda di un manga trasformato
in serie tv. Il protagonista di Otomen (uomi-ni efeminati) era un colosso, campione di
arti marziali, un superduro, che in realtà
amava cucinare torte, collezionare “ogget-tini rosa luccicanti” e confezionare vestiti a
maglia per i suoi animali di peluche. Con
grande orrore delle vecchie generazioni di
giapponesi, la serie aveva toccato il cuore
della generazione più giovane. Kishino, che
lavora per una ditta di accessori di moda
come designer e manager, non sferruzza.
Ma gli piace cucinare, andare in bicicletta e
coltivare amicizie platoniche. “Trovo attra-enti alcune delle mie amiche ma ho impara-to a fare a meno del sesso. Il coinvolgimento
emotivo crea troppe complicazioni”, spie-ga. “È una seccatura”.
Apatia sentimentale a parte, Kishino,
come Tomita, dice che la sua vita da single
gli piace molto. Paradossalmente la cultura
aziendale che ha prodotto la segregazione
tra uomini e donne all’interno della fami-glia – le mogli a casa, i mariti al lavoro per
venti ore al giorno – ha creato anche la situa-zione ideale per vivere da soli. Le città giap-ponesi sono piene di locali per single, dai
noodle bar dove si mangia in piedi agli hotel
capsula agli onnipresenti konbini (piccoli
supermercati aperti 24 ore su 24), con gli
scafali pieni di monoporzioni di riso e bian-cheria usa e getta. In origine queste cose
erano destinate agli impiegati delle azien-de, ma adesso ci sono anche caffè, bar e
condomini per sole donne. Alcuni esperti
pensano che la fuga dal matrimonio non
rappresenti solo il riiuto di norme sociali e
ruoli di genere superati. Questa situazione
potrebbe durare a lungo. “Un tempo rima-nere soli era considerato un fallimento per-sonale”, spiega Tomomi Yamaguchi, una
docente di antropologia dell’università sta-tale del Montana. “Ma sempre più persone
stanno  scoprendo  che  lo  preferiscono”.
Quella dei single per scelta, secondo lei, sta

diventando “una nuova realtà”.
Il Giappone sta anticipando il nostro fu-turo? Molti dei cambiamenti che avvengo-no lì si stanno veriicando anche in altri pa-esi industrializzati. Nelle grandi città asiati-che, europee e statunitensi, ci si sposa più
tardi o non ci si sposa afatto, il tasso di na-talità è in calo, le case occupate da una sola
persona sono in aumento e, nei paesi più
colpiti dalla recessione economica, i giova-ni restano in famiglia. Ma il demografo Ni-cholas Eberstadt sostiene che in Giappone
questa tendenza ha subìto un’accelerazione
a causa di un preciso insieme di fattori, tra
cui la mancanza di un’autorità religiosa che
imponga il matrimonio, la precaria situa-zione del paese spesso soggetto a terremoti,
che genera un senso di futilità, l’alto costo
della vita e la diicoltà di crescere un iglio.
“Gradualmente ma inesorabilmente, quel-la giapponese si sta trasformando in un tipo
di società le cui caratteristiche sono state
contemplate solo dalla fantascienza”, ha
scritto Eberstadt nel 2012. Con un esercito
di anziani e sempre meno giovani, il Giap-pone potrebbe diventare un “paese pionie-re”, con un gran numero di individui che
non si sono mai sposati, dice. La fascia de-mograica da tenere d’occhio è quella dei
ventenni. Molti sono ancora troppo giovani
per avere progetti concreti per il futuro, ma
per loro sono già state fatte delle proiezioni.
Secondo l’Istituto nazionale per la popola-zione, le donne tra i 20 e i 25 anni hanno una
probabilità su quattro di non sposarsi mai. E
le probabilità che non abbiano igli sono an-cora più alte: quasi il 40 per cento. Ma que-sto non sembra preoccuparle.
Incontro Emi Kuwahata, 23 anni, e la sua
amica Eri Asada, 22, nel quartiere di Shibu-ya. Il cafè che hanno scelto è sotto una gal-leria d’arte vicino alla stazione, incuneato
in un vicolo tra sale giochi e videoshop per
adulti. Kuwahata, laureata in design della
moda, ha una relazione poco impegnativa
con un uomo di 13 anni più anziano di lei.
“Ci vediamo una volta alla settimana e an-diamo per locali”, spiega. “Non ho tempo
per un idanzato. Sto cercando di diventare
una stilista”. Asada, che ha studiato econo-mia, non è interessata all’amore. “Ho smes-so di uscire con i ragazzi tre anni fa. Non
sento la mancanza di un idanzato né del
sesso. Non mi piace neanche essere tenuta
per mano”. Sostiene che non le è successo
nulla che le abbia provocato ribrezzo per il
contatto isico. Semplicemente non vuole
avere rapporti e secondo lei il sesso casuale
non è un’alternativa ideale, perché “le ra-gazze non possono fare certe cose senza
essere giudicate”. Sebbene la società giap-ponese  sia  permissiva  dal  punto  di  vista
sessuale, oggi l’ideale delle donne sotto i 25
è quello di essere carine e virginali. E i doppi
standard abbondano. Lo studio del 2013
dell’Associazione per la pianiicazione fa-miliare sul sesso tra i giovani contiene mol-ti più dati sugli uomini che sulle donne. Ho
chiesto il perché al suo presidente, Kunio
Kitamura. “La spinta sessuale viene dagli
uomini”, mi ha risposto questo consulente
del  governo.  “Le  donne  non  provano  lo
stesso desiderio”.
Bevendo tè freddo servito da ragazzi in
jeans aderenti e capelli accuratamente ar-rufati, Asada e Kuwahata dicono di condi-videre la passione di tutti i single per i vesti-ti, la musica e lo shopping, e di avere un’in-tensa vita sociale. Ma, smartphone in ma-no, ammettono anche di passare molto più
tempo a comunicare con i loro amici attra-verso i social network che vedendoli di per-sona. Secondo lo scrittore Roland Kelts, che
scrive  spesso  dei  giovani  in  Giappone,  è
inevitabile che il futuro dei rapporti tra i
giapponesi sia basato soprattutto sulla tec-nologia. “Il Giappone ha creato mondi vir-tuali  e  sistemi  di  comunicazione  online
estremamente soisticati ”. A suo avviso, la
necessità di rifugiarsi nel privato e nei mon-di virtuali nasce dal fatto che il Giappone è
un paese sovrappopolato con uno spazio i-sico limitato. Ma pensa anche che nel resto
del mondo succederà lo stesso.
Per tornare al dunque, Ai Aoyama, la
Regina dell’amore, è decisa a insegnare ai
suoi clienti l’importanza dei rapporti “cor-po a corpo e cuore a cuore”. Pensa anche
lei che la tecnologia condizionerà il futuro,
ma dice che la società deve garantire che
non abbia il sopravvento. “Non è sano che
le persone siano così isicamente scollega-te tra loro”, dice. “Fare sesso con un’altra
persona è una necessità umana. Produce
ormoni che fanno stare bene e aiuta tutti
ad afrontare meglio la vita quotidiana”. Le
persone che vanno da lei hanno un dispe-rato  bisogno  di  calore  umano,  anche  se
non vogliono la seccatura di un rapporto a
lungo termine. Accusa il governo di “ren-dere diicile ai single vivere come voglio-no” e di “incutere un timore esagerato del
calo delle nascite”. Terrorizzare le persone
non aiuta. E lei è una che di terrore se ne
intende. u bt

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