sabato 30 novembre 2013

1027 - INCHIESTA - La morte del rapper Maria Malagardis, Libération, Francia Il 17 settembre Pavlos Fyssas è stato ucciso ad Atene da un militante di Alba dorata. I retroscena dell’assassinio che ha portato allo smantellamento del partito neonazista in un’inchiesta di Libération

ul tavolo in salotto le foto for-mano  un  piccolo  altare  alla
memoria  del  figlio  perduto:
Pavlos  al  matrimonio  della
sorella,  Pavlos  in  concerto,
Pavlos adolescente. Era un bel
ragazzo, con grandi occhi neri e un bel sor-riso. “Ma soprattutto era un ragazzo con un
cuore d’oro. Si faceva subito voler bene”,
sussurra sua madre Magda, come ipnotiz-zata da quelle immagini. Dietro di lei il pa-dre di Pavlos, Panagiotis, resta chiuso nel
dolore.  Dal  giorno  della  morte  del  figlio
Magda e Panagiotis vagano nella penombra
del loro appartamento di Keratsini, una pe-riferia popolare a ovest di Atene, al Pireo.
Due pugnalate dritte al cuore hanno fat-to del iglio un simbolo: quello della natura
criminale del partito di estrema destra Alba
dorata, entrato per la prima volta nel parla-mento greco alle elezioni del maggio 2012.
Pavlos Fyssas, rapper di 34 anni, avrebbe
certo preferito diventare celebre per le sue
canzoni. Invece è inito sulle prime pagine
dei giornali da martire, pugnalato a morte
da alcuni militanti di Alba dorata nella not-te tra il 17 e il 18 settembre. L’assassinio del
giovane, avvenuto fuori da un bar del suo
quartiere al termine di una partita di calcio,
ha scatenato un terremoto politico e si è tra-sformato in una questione di stato. Per la
prima volta dal ritorno della democrazia,
nel 1974, lo stato maggiore di un partito
rappresentato in parlamento è stato accu-sato di reati gravissimi.   l 16 ottobre sei deputati di Alba dorata
hanno perso la loro immunità parlamenta-re. Una settimana dopo i neonazisti sono
stati  privati  del  finanziamento  pubblico
concesso a tutte le formazioni presenti in
parlamento. Dal 28 settembre il leader del
partito, Nikos Michaloliakos, è in prigione,
accusato di “far parte di un’organizzazione
criminale”. Il giro di vite ha colpito anche le
forze dell’ordine: diversi poliziotti sono sta-ti arrestati e alcuni dei loro superiori, tra cui
il direttore dei servizi di controspionaggio,
sono stati obbligati a dimettersi. Sono tutti
sospettati di aver quantomeno tollerato le
attività dei neonazisti. Alba dorata è inoltre
sospettata di essere implicata in diverse at-tività  criminali  e  di  aver  organizzato  dei
campi paramilitari dove alle giovani reclute
veniva detto che un giorno sarebbero “en-trate in parlamento con i carri armati”, co-me ha afermato un pentito durante l’in-chiesta sull’omicidio di Fyssas.
Dopo il delitto molti hanno sottolineato
l’importanza politica di questa “morte di
troppo”, che è riuscita a scuotere, come non
era mai successo prima, l’opinione pubblica
e le autorità. A diferenza di tutte le prece-denti vittime di Alba dorata, quasi esclusi-vamente immigrati, Fyssas era greco. Co-me ha potuto Alba dorata, un partito che si
considera nazionalista e aferma di voler
difendere i “veri greci”, assassinare un ra-gazzo greco? Chi ha guidato la mano dell’as-sassino, un camionista di 45 anni, padre di
due igli e dall’aspetto ordinario, che aveva  solo da rimetterci a farsi coinvolgere in un
delitto? In realtà c’è mancato davvero poco
che la morte di Fyssas non passasse sotto
silenzio e fosse archiviata come un episodio
di violenza comune. Se non è successo, il
merito è di un’agente di polizia dai rilessi
pronti.
Calcio e politica
La sera del 17 settembre Pavlos incontra la
sua ragazza, Chryssa, e altri amici per anda-re a vedere la partita tra l’Olympiakos e il
Paris Saint-Germain. Come tutti gli altri
ragazzi  del  Pireo,  Pavlos  è  tifoso
dell’Olympiakos. “Sono arrivati poco prima
dell’inizio della partita. Lo ricordo bene,
perché conoscevo Pavlos di vista, anche se
non sapevo che fosse un rapper. Per me era
solo uno dei ragazzi del quartiere”, racconta
il proprietario del Coralie Café, un bar di
Keratsini. Sulla terrazza coperta del bar i
clienti si ritrovano per seguire le partite di
calcio su un grande schermo. “Durante la   partita non ho notato nulla di strano. Pavlos
ha  bevuto qualche  birra  insieme  ai  suoi
amici, l’atmosfera era accesa, come ogni
volta che gioca l’Olympiakos. Ma non ci so-no stati eccessi”. Il proprietario del bar af-ferma di non essersi accorto di due o tre in-dividui che, secondo alcuni testimoni, si
sarebbero scambiati alcuni sms mentre te-nevano d’occhio Fyssas. “Solo alla ine del-la partita, quando tutti sono usciti dal bar,
mi sono accorto anch’io di alcuni tipi, sbu-cati da qualche parte, che si erano radunati
sul marciapiede davanti”, spiega. A quel
punto una ventina di uomini esagitati co-mincia a prendere di mira il rapper e i suoi
amici. I toni si fanno subito aspri. Tre uomi-ni si staccano dal gruppo, si avvicinano a
Fyssas e lo spintonano. Rimasta indietro,
Chryssa, la sua ragazza, vede la scena e co-mincia a gridare, cercando di richiamare
l’attenzione di un gruppo di poliziotti che,
stranamente, seguono la scena a distanza
senza intervenire. È tutto inutile. Lei li sup-plica di fare qualcosa, quando all’improvvi-so arriva un’automobile che inchioda pro-prio  davanti  ai  ragazzi.  Dalla  macchina
scende un tipo, aferra Fyssas come se vo-lesse abbracciarlo e lo pugnala due volte al
cuore.
Prima di crollare a terra morto, il giova-ne fa in tempo a indicare il suo assassino
agli agenti che inalmente si avvicinano. In
quel preciso istante, rompendo l’indiferen-za dei colleghi, un’agente tira fuori la pistola
e la punta sull’assassino, che sembra così
sicuro della propria impunità da attardarsi
in macchina dopo aver gettato il coltello in
un  canale  di  scolo.  “Senza  il  coraggio  di
quella poliziotta staremmo ancora qui a fa-re congetture di ogni tipo sulle cause di un
omicidio mai rivendicato. Alcuni continue-rebbero ad afermare che si è trattato sem-plicemente di una rissa inita male al termi-ne  di  una  partita  di  calcio”,  sottolinea  il
giornalista Pavlos Tsimas di Mega Tv, la più
importante tv privata greca.  In un primo momento, in efetti, è stata
proprio questa la versione che si è difusa:
un diverbio tra tifosi inito male. Ma la giu-stizia ha scoperto molto presto che Giorgos
Roupakias, l’uomo arrestato per la morte di
Fyssas, era iscritto ad Alba dorata. Control-lando il suo cellulare si è scoperto anche che
poco prima di commettere l’omicidio, e su-bito dopo, l’uomo aveva telefonato a diversi
responsabili del partito. Iscritto da appena
un anno, Roupakias era sul libro paga di Al-ba dorata. Malgrado le smentite dei diri-genti del partito, che in un primo momento
hanno afermato di non conoscerlo, lo si
vede spesso nelle fotograie scattate in oc-casione degli assembramenti e delle mani-festazioni dei neonazisti.
Lavoro sporco
La verità, insomma, sembra essere venuta
a galla. I dubbi, però, non mancano: se la
polizia aveva da tempo elementi per inchio-dare i neonazisti, allora perché non è inter-venuta prima? “Alba dorata fa comodo a
molti. Il partito è diventato popolare dichia-randosi contro il sistema, contro la classe
politica, che tutti detestano. Ma è solo ap-parenza. In parlamento ha sempre votato
con il governo: per i licenziamenti, le priva-tizzazioni, i tagli ai salari. Lo stesso vale per
le aggressioni commesse contro gli stranie-ri, che sono servite a giustiicare o minimiz-zare l’impatto delle politiche contro l’immi-grazione. Di notte Alba dorata organizza i
pogrom, di giorno il governo incoraggia le
retate e l’arresto dei migranti in centri di de-tenzione disumani”, spiega Dimitris Zotas,
avvocato di molti immigrati che sono stati
vittime della violenza dei neonazisti. “Il
problema è che Alba dorata è sfuggita di
mano a chi la manovrava. Forti di una popo-larità in aumento (alla vigilia dell’omicidio
di Fyssas il partito aveva le simpatie del 15
per cento dei greci) e mai chiamati a rispon-dere delle aggressioni contro gli immigrati,
i  neonazisti  si  sono  sentiti  invulnerabili.
Hanno creduto di potersi spingere ancora
oltre. Forse troppo oltre”. Secondo Zotas,
tuttavia, l’impegno delle autorità e l’opera-zione di polizia che ha fatto seguito all’ucci-sione  di  Fyssas  sono  una  coincidenza:
“L’omicidio è avvenuto in un momento di
grandi tensioni sociali. Il 18 settembre, il
giorno in cui si è saputo della tragedia, era
prevista  una  grande  manifestazione  nel
centro di Atene. La mobilitazione si è spo-stata a Keratsini dove non si era mai vista
tanta gente in piazza. Il governo ha capito
subito che si correva il rischio di una con-vergenza tra la protesta sociale e l’emozio-ne suscitata dal delitto”. Ma per quali ragioni Pavlos Fyssas è di-ventato un martire? Ascoltare le parole del-le sue canzoni non aiuta a trovare una rispo-sta. I brani denunciano infatti l’intolleranza
e le forze reazionarie che minacciano il pa-ese, ma nulla evoca direttamente Alba do-rata. “Ogni due canzoni che parlano esplici-tamente dei pericoli del fascismo, Pavlos ne
componeva quattro sulle ragazze o sulla cri-si”, conferma il suo amico d’infanzia Petros
Poundivis. Anche lui è un rapper, del grup-po PsyClinic TactiX. Prima di tutto, però, è
un operaio, come lo era Pavlos. Prima di
pensare alla carriera artistica i due ragazzi
si sono spaccati la schiena, come i loro geni-tori, nei cantieri navali di Perama, la grande
area portuale industriale di Atene, cono-sciuta come la “Zona”: un grande spazio
chiuso, con magazzini ricoperti di tag che
costeggiano le banchine davanti a qualche
cargo arrugginito. “Pavlos ha lasciato dopo
cinque anni. È un lavoro duro, gli incidenti
sono frequenti. Ma si è sempre considerato
un iglio della classe operaia. Si riiutava di
appartenere a un partito, ma il suo nome
igura ancora nella lista degli iscritti al sin-dacato dei metalmeccanici. Qui era molto
popolare, non stava mai zitto, era sempre
pronto a prendere la parola per difendere le
vittime della crisi nel quartiere. Ed è per
questo  che  l’hanno  ucciso”,  afferma  Pe-tros.
Colpita duramente dalla crisi, la Zona è
l’ultima roccaforte rossa in una regione in
cui i neonazisti guadagnano terreno ogni
giorno. Perama, Nikaia, Keratsini: tutti i
quartieri  del  Pireo  sono  stati  devastati
dall’austerità. “Lo smantellamento dei ser-vizi pubblici, i licenziamenti di massa han-no portato la gente a un livello di mera so-pravvivenza. Un quarto delle famiglie di
Perama  non  ha  più  la  corrente  elettrica,
perché non ha più i soldi per pagare le bol-lette. In questa situazione è normale che
qualcuno si mostri sensibile alle sirene di
un partito che grida ‘È tutto marcio’, che dà
la colpa di tutto agli immigrati e che distri-buisce gratis scatolame e pacchi di pasta”,
sospira Petros.
Solo la Zona rimane ancora in mano al
Pame, il sindacato vicino al partito comuni-sta Kke, che continua a resistere alle pres-sioni dei datori di lavoro. “Con la scusa del-la crisi vogliono abolire i contratti collettivi,
farci diventare come i lavoratori indiani”,
sottolinea Petros.
Tre giorni prima dell’uccisione di Pavlos
un altro incidente aveva fatto scalpore: la
sera del 14 settembre alcuni militanti co-munisti della Zona si trovavano sul viale
della Democrazia. Stavano attaccando ma- nifesti per annunciare un festival politico,
quando improvvisamente sono stati aggre-diti da una cinquantina di militanti di Alba
dorata. “È stato impressionante, sono arri-vati in colonne da tutte le strade adiacenti,
armati di randelli e bastoni. Sul posto c’era-no anche due poliziotti in motocicletta che
non hanno mosso un dito, anche quando
sono cominciate ad arrivare le bastonate e i
sassi”,  spiega  Sotiris  Poulikogiannis,  un
quarantenne che dirige la sezione del sin-dacato metalmeccanico della Zona. Il bi-lancio è stato di nove sindacalisti feriti, al-cuni in modo grave.
“Era la prima volta che ci attaccavano
apertamente. Però sapevamo che stava per
succedere qualcosa. Ad agosto, uno dei loro
responsabili locali era venuto nella Zona
per una riunione con alcuni militanti. E ave-va promesso di distruggerci, di cacciarci
via”, dice Thanassis Panagiotopoulos, an-che lui sindacalista. Il protagonista di que-sta storia è Yannis Lagos, deputato di Alba
dorata, inito in prigione dopo l’omicidio di
Fyssas. È uno di quelli che hanno parlato
per telefono con l’assassino subi-to prima e subito dopo il delitto.
“Fa tutto parte di una strategia
per spezzare la resistenza alle mi-sure di austerità, bisogna elimi-nare chi si ribella, bisogna intimi-dire. Tutti qui conoscono i legami di Alba
dorata con gli armatori e con i grandi indu-striali. Le loro riunioni, più o meno segrete,
sono state raccontate dalla stampa. In par-lamento i deputati neonazisti votano sem-pre per fare gli interessi degli armatori e sul
territorio sono il loro braccio armato”, afer-ma Panagiotopoulos.
Il risveglio del mostro
Affermazioni  eccessive?  A  metà  ottobre
una perquisizione presso la casa di un ar-matore che cercava di sfuggire alla giustizia
ha permesso di scoprire in una stanza se-greta un museo di cimeli nazisti. Le inchie-ste sul inanziamento di Alba dorata, aperte
dopo la morte di Fyssas, potrebbero anche
confermare il coinvolgimento di almeno
altri due armatori, inanziatori abituali dei
neonazisti.
“Il mostro è risorto dalle ceneri”, sospi-ra Dimitris Kousouris, un giovane storico
che studia il collaborazionismo dei greci
con  i  nazisti  durante  la  seconda  guerra
mondiale: un periodo storico ancora poco
conosciuto  in  un  paese  dove  gli  orrori
dell’occupazione tedesca sono stati presto
cancellati dalla violenza della guerra civile
tra comunisti e monarchici subito dopo il
1945. Così, grazie a questa memoria ampu-tata, molti vecchi demoni sono sopravvis-suti  nell’ombra.  “Ogni  schieramento  ha
venerato le sue vittime. Ogni anno la destra
nazionalista commemora a Meligala, nel
Peloponneso, i collaborazionisti caduti sot-to i colpi della resistenza comunista, che a
sua volta ha dovuto aspettare il 1981 e l’arri-vo della sinistra al potere per essere ricono-sciuta come il principale movimento di re-sistenza all’occupazione”, aferma Kousou-ris. Poi sottolinea che un processo di rimo-zione simile riguarda anche il periodo più
recente della giunta dei colonnelli, al potere
dal 1967 al 1974.
Per Kousouris, inoltre, la morte di Fys-sas ha risvegliato anche ricordi personali:
quindici anni fa, una sera di giugno, anche
lui ha rischiato di morire per la violenza di
Alba dorata. Anche lui si trovava in un bar, e
anche lui era un simbolo: era un giovane
militante  del  movimento  studentesco,
all’epoca  molto  attivo  contro  la  riforma
dell’istruzione. Massacrato a bastonate il 18
giugno 1998, Kousouris è rimasto per giorni
tra la vita e la morte. Come nel caso di Fys-sas, in un primo momento la poli-zia  aveva  affermato  che  si  era
trattato di una rissa tra giovani ti-fosi di calcio. Alla ine per il pe-staggio è stato processato solo il
capo degli aggressori, un ragazzo
che allora era tra gli esponenti più in vista di
Alba dorata: dopo sette anni di latitanza,
l’uomo – che si faceva chiamare Periandros,
come l’antico tiranno di Corinto – si è con-segnato alla polizia nel 2005 a Caracas, in
Venezuela. Il processo si è svolto in un clima
di forte tensione, caratterizzato dalle mi-nacce e dalle provocazioni dei militanti di
Alba dorata. Condannato a 21 anni di pri-gione, Periandros ne ha scontati quattro ed
è stato liberato nel 2009. “Il punto è che nel
1998  Alba  dorata  era  ancora  un  gruppo
marginale. Oggi è un movimento in piena
ascesa”, sottolinea Kousouris. “Non biso-gna stupirsi. In questo periodo di crisi la
xenofobia, l’intolleranza e la violenza, che
di solito sono diluite nella società, sono esa-sperate. Le persone dimenticano il passato
e non riescono neanche a immaginare il fu-turo, conta solo la sopravvivenza immedia-ta”. Pavlos aveva un nome d’arte, Killah P.,
che sta per kill the past (uccidi il passato). Ma
è impossibile uccidere il passato, che risor-ge sempre nei momenti più diicili. “È ve-nuto  il  momento  di  avere  paura”,  aveva
detto il leader di Alba dorata, Nikos Micha-loliakos, la sera delle elezioni del giugno
2012. Quella sera entrava in parlamento un
nostalgico dei colonnelli, ammiratore di
Hitler. u adr

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