sabato 30 novembre 2013

1028 - Cosa cambia dopo il voto del senato Chi raccoglierà l’eredità della destra una volta che l’Italia si sarà lasciata alle spalle il ventennio di Berlusconi? Pierre de Gasquet, Les Echos, Francia

S
ono partiti i titoli di coda della sa­
ga berlusconiana. Nonostante le
urla del leader di Forza Italia, che
continua a denunciare un “colpo
di stato” a opera della sinistra italiana, il
momento della verità è arrivato. Il venten­
nio dell’ex presidente del consiglio si con­
clude con il voto del senato sulla decaden­
za del suo mandato.
Nessun perdono all’orizzonte. Quattro
mesi dopo la sua condanna per frode isca­
le, Silvio Berlusconi, 77 anni, scaricato da
un terzo dei parlamentari del centrodestra,
ora è all’opposizione. Anche se in molti nu­
trono qualche perplessità sul suo ruolo fu­
turo di “leader dimezzato”, si tratta di una
vera e propria svolta nella vita politica ita­
liana.  La  fine  di  un  “sequestro”  durato
vent’anni:  quello  cominciato  nel  1994
dall’uomo più ricco della penisola ai danni
della destra italiana.
“Si è voltato pagina una volta per tutte:
si conclude una stagione politica”, si è già
apertamente rallegrato il presidente del
consiglio Enrico Letta all’inizio di ottobre,
dopo aver ricevuto l’appoggio di Angelino
Alfano, il “Bruto” di Forza Italia che ha
fondato il Nuovo centrodestra portandosi
dietro un terzo degli eletti nelle ile del Po­
polo della libertà (Pdl). Condannato, ma
non afondato, il Cavaliere si batte da allo­
ra per ritardare le conseguenze della sua
Cosa cambia
dopo il voto del senato
Chi raccoglierà l’eredità della
destra una volta che l’Italia
si sarà lasciata alle spalle
il ventennio di Berlusconi?
Pierre de Gasquet, Les Echos, Francia
prima condanna deinitiva: “Non mi di­
metto  prima,  non  ci  penso  nemmeno.
Aspetterò che votino. Che si assumano la
responsabilità di una cosa di cui si dovran­
no vergognare per sempre”, ha dichiarato
atteggiandosi a capro espiatorio, sconitto
da quello che deinisce “l’accanimento”
dei giudici e del centrosinistra.
Restano comunque molti dubbi sull’ef­
fettivo impatto di questa “scissione di vel­
luto” tra dissidenti e lealisti del centrode­
stra. Secondo gli ultimi sondaggi, il Nuovo
centrodestra non avrà un peso determi­
nante nello scenario politico italiano, con
una percentuale delle intenzioni di voto
che si aggira tra il 3,6 e il 6 per cento. Il par­
tito è ancora molto indietro rispetto a Forza
Italia (21,1 per cento) e al Partito democra­
tico (27,4 per cento). Però è ancora troppo
presto  per  misurare  l’impatto  della  sua
“decadenza” sul suo elettorato tradizio­
nale.
Per Gianfranco Fini – l’ex leader di Alle­
anza nazionale che ha pagato a caro prezzo
le conseguenze della sua rottura con il lea­
der di Forza Italia – “Berlusconi è lontano
dall’essere inito. Può contare ancora su un
ampio consenso nel paese e nel suo parti­  o”, insiste Fini. Come Beppe Grillo, fon-datore del Movimento 5 stelle (M5s), il lea-der di Forza Italia potrà esercitare il suo
ruolo  di  mentore  anche  fuori  dal  parla-mento. Il paradosso è che con il passaggio
all’opposizione del Cavaliere e la probabile
elezione  del  sindaco  di  Firenze  Matteo
Renzi alla guida del Partito democratico,
l’8 dicembre, i leader dei tre principali par-titi italiani saranno tutti fuori dal parla-mento a partire dal 1 gennaio 2014.
Resta da capire, tra una destra resa in-fantile da vent’anni di potere personalizza-to  e  un  movimento  contestatario  dalle
aspirazioni vaghe, chi raccoglierà l’eredità
avvelenata del berlusconismo alle elezioni
europee del maggio 2014. “Le prossime
elezioni saranno un confronto tra chi vuole
un’Europa dei popoli e chi la vuole dei po-pulismi”, ha dichiarato Enrico Letta, il 20
novembre, in occasione del vertice italo-francese.
Il partito appendice
Fini  ritiene  che  le  possibilità  di  vedere
emergere un nuovo centro italiano siano
oggi abbastanza limitate. In Italia il bipola-rismo ha ormai attecchito. Secondo il lea-der di Alleanza nazionale, la ricomposizio-ne della destra italiana passa per un rinno-vamento e una rottura radicale con la per-sonalizzazione berlusconiana del potere.
Nel breve periodo il rischio maggiore
per Enrico Letta è che il partito appendice
di Silvio Berlusconi si radicalizzi cavalcan-do l’onda antieuropeista di Beppe Grillo.
Enrico Letta non ha nascosto la sua volon-tà di voltare pagina. L’obiettivo del presi-dente del consiglio è restare in carica ino
al 2015 per portare a termine la riforma
della costituzione e quella del sistema elet-torale, prima di un eventuale ritorno alle
urne.
La retorica berlusconiana ha fatto il suo
tempo. Malgrado gli sforzi di una falange
di fedelissimi che alimenta il fuoco, l’ex
leader barricato nel suo palazzo romano si
aggira oggi nella sua gabbia come un vec-chio leone stanco. Per contro, la priorità
assoluta di Enrico Letta resta soprattutto
quella di ridare all’Italia un ruolo trainante
nella deinizione del programma durante
la presidenza italiana dell’Unione euro-pea, nel secondo semestre del 2014. Tocca
a lui dimostrare che il voto sulla decadenza
del senatore Berlusconi segnerà la ine di
una stagione fatta di miseri compromessi e
ambigui mercanteggiamenti. u gim



L’opposizione di Forza Italia
Giulia Segreti, Financial Times, Regno Unito


I
l 26 novembre il partito di Silvio
Berlusconi ha fatto sapere che uscirà
dal governo di coalizione guidato da
Enrico Letta. L’annuncio ha preceduto di
poche ore la votazione in senato sulla leg-ge di stabilità. Paolo Romani, capogruppo
di Forza Italia al senato, durante una con-ferenza stampa improvvisata ha dichiara-to: “Siamo arrivati alla determinazione
che non ci sono più le condizioni per pro-seguire nella collaborazione con questo
governo”. Forza Italia ha dichiarato che la
decisione è motivata da alcune divergenze
sulla legge di stabilità per il 2014.
“Il governo dovrà prendere atto, nelle
forme che riterrà più opportune, del fatto
che, dopo l’uscita di Forza Italia dalla
maggioranza, è cambiata la natura stessa
del governo Letta-Alfano”, ha dichiarato
Renato Brunetta, capogruppo di Forza Ita-lia alla camera dei deputati. Il primo mini-stro e il presidente della repubblica do-vrebbero “trarre le loro conclusioni”, ha
aggiunto. Brunetta ha anche sottolineato
che il suo partito non condivide la politica
economica del governo di coalizione, e
che l’ultimo emendamento alla inanzia-ria è “inaccettabile” perché non tiene con-to dei suggerimenti del centrodestra su
tasse, costo del lavoro e pensioni.
Il governo Letta ha superato il voto di
iducia sulla legge di stabilità nonostante
il voto contrario di Forza Italia e il parla-mento ha approvato i nuovi provvedimen-ti. Berlusconi aveva rivelato il suo progetto
di passare all’opposizione all’inizio di no-vembre, quando la rinascita di Forza Italia
ha determinato la scissione di un gruppo
ribelle guidato da Angelino Alfano, vice-presidente del consiglio nel governo Letta
ed ex delino di Berlusconi. Tra i parla-mentari che hanno lasciato il partito di
Berlusconi ci sono trenta senatori e venti-sette deputati, che hanno confermato il lo-ro pieno appoggio al governo.
La decisione di Forza Italia di uscire
dalla maggioranza ha accentuato le ten-sioni politiche in vista della votazione al
senato sulla decadenza da senatore di Sil-vio Berlusconi a causa della sua condanna
in via deinitiva per frode iscale. Una vol-ta espulso dal parlamento Berlusconi sarà
escluso da ogni carica pubblica per sei an-ni e perderà l’immunità parlamentare.
Uno dei suoi legali ha dichiarato che
“l’ipotesi dell’arresto è irrealistica”.
“Al governo Letta, che io ho fortemen-te voluto, abbiamo dato tre obiettivi fon-damentali: la paciicazione nazionale, fare
inalmente le grandi riforme istituzionali e
la ripresa economica, che non si può ag-ganciare con la politica di sinistra ‘del tas-sa e spendi’ confermata con questa legge
inanziaria. Tre obiettivi tutti falliti”, ha
detto Silvio Berlusconi in un’intervista al
telegiornale Studio Aperto. u ma



L’incantesimo
di Silvio Berlusconi
Il leader di Forza Italia continua
ad avere successo perché
sostiene che gli italiani vanno
bene così come sono
Mads Frese, Information, Danimarca



n via delle Tre Madonne 16, nel quar-tiere Parioli, a Roma, dove vive l’alta
borghesia e ci sono le sedi di molte
ambasciate, c’è un grande ediicio
giallo. Il ministro dell’interno Angelino Al-fano e molti altri rappresentanti dell’élite
politica ed economica italiana abitano qui
in aitto. Il motivo per il quale questo pa-lazzo è diventato il simbolo degli equilibri
di potere nella società italiana è il suo pre-cedente proprietario, Salvatore Ligresti, 85
anni. “Don Totò ha avuto bisogno di tutti e
tutti hanno avuto bisogno di lui”, scrive Al-berto  Statera  su  Repubblica  a  proposito
dell’imprenditore siciliano. A causa delle
sue partecipazioni nelle principali aziende
televisive, inanziarie, edili e assicurative
italiane è stato soprannominato mister 5
per cento: “Politici, imprenditori, prefetti,
banchieri: chi può dire di non aver avuto
nulla da lui?”, prosegue Statera.
Nello stesso quartiere incontriamo lo
storico Giovanni Orsina, professore asso-ciato di storia contemporanea presso l’uni-versità  Luiss-Guido  Carli,  che  recente-mente per Marsilio ha pubblicato Il berlu-sconismo nella storia d’Italia. Bisogna cer-care a lungo per trovare intellettuali italiani
ancora pronti a difendere la legittimità del
progetto politico di Silvio Berlusconi, ma
Orsina è uno dei pochi che lo fa: “Bisogna
scavare di più per comprendere da quali
fragilità della nostra storia sia nato il berlu-sconismo e in che modo abbia cercato di
rimediare a quelle fragilità. E anche capire
perché la sua proposta in quello speciico
momento storico sia parsa ragionevole”,
spiega. “Tutti i paesi sono storicamente
particolari,  ma  la  specificità  storica
dell’Italia  si  è  caratterizzata  per  degli
aspetti ben più negativi che positivi: gravi
inefficienze delle istituzioni, processi di
delegittimazione reciproca, siducia pro-fonda dello stato nei confronti dei cittadini
e viceversa. Il berlusconismo rappresenta
sia un prodotto di queste caratteristiche sia
un tentativo di superarle. Un tentativo fal-lito”.
Ligresti e Berlusconi hanno molte cose
in comune. Nessuno di loro nasce in una
famiglia della classe dirigente, ma negli
anni settanta fanno entrambi una carriera
fulminante, e un po’ misteriosa, come im-prenditori edili a Milano. Berlusconi nel
1973, dopo aver ricevuto minacce di rapi-mento, assume uno stalliere siciliano che
secondo  la  magistratura  fa  da  “testa  di
ponte” per cosa nostra nell’Italia setten-trionale. Così le minacce terminano. Nel
1981 la moglie di Ligresti viene rapita e ri-lasciata dopo un mese. Due dei tre rapitori
in seguito saranno trovati morti. Secondo
un pentito sono uccisi dalla maia, di cui
Ligresti ricicla i soldi. Nel 1993 Ligresti è
accusato di aver corrotto l’allora presiden-te del consiglio Bettino Craxi, ma più tardi
si scoprirà che i soldi in realtà provenivano
da Berlusconi. L’anno seguente Berlusconi
scende in politica ed evita una condanna,
perché il suo governo abbrevia la prescri-zione nei processi per corruzione.
Discontinuità profonda
La richiesta di lottare contro nepotismo e
corruzione, che aveva caratterizzato il di-battito pubblico prima del crollo del muro
di  Berlino,  con  il  progetto  politico  di
Berlusconi viene sostituita dalla fiducia
riposta nei capitalisti come lui e Ligresti,
dipinti come rappresentanti della creativi-tà all’italiana. Quando nel 1987 l’economia
italiana sorpassa per la prima volta quella
britannica, diventando la quinta al mondo,
questa iducia si raforza.
Secondo Orsina, il berlusconismo rap-presenta un momento di discontinuità pro-fonda nella storia d’Italia. L’originalità del
messaggio politico di Berlusconi e la spie-gazione  del  suo  straordinario  successo
stanno in un’accettazione senza precedenti
della realtà italiana: “Prima di lui nessun
leader politico aveva mai osato dire così
apertamente che gli italiani vanno bene co-me  sono.  Berlusconi  ha  costantemente
mandato segnali rassicuranti, sottolinean-do gli aspetti positivi della società italiana e
ha minimizzato tutto ciò che non va bene”.
“La storia d’Italia è segnata dalla ten-sione tra modernità e arretratezza”, prose-gue Orsina. Quando l’Italia divenne una
nazione, stati consolidati come il Regno
Unito e la Francia si stavano già sviluppan-do in società progressiste. Fin dall’inizio, la
sfida italiana è stata di superare rapida-mente l’arretratezza economica, sociale e
politica per non arrivare in ritardo all’in-contro dell’Europa con la modernità. Una
carica di moralismo pedagogico ha domi-nato la vita pubblica del paese, spiega Orsi-na: “Dal risorgimento la storia d’Italia è
stata dominata dagli sforzi costanti per ri-educare le persone”.
Come ilo rosso che attraversa tutte e
tre le epoche – monarchia costituzionale,
fascismo e repubblica parlamentare – che
segnano i centocinquant’anni della storia
unitaria d’Italia, Orsina propone “l’infeli-cità pubblica”. In questo senso, gli ultimi
vent’anni rappresentano una discontinuità
signiicativa: “Una delle parti più impor-

tanti di questo ilo rosso sta nella costante
e ampia separazione tra paese legale e pae-se reale. I pessimi rapporti tra politici e isti-tuzioni, da una parte, e i cittadini, dall’al-tra, sono sempre stati caratterizzati dalla
profonda siducia reciproca”. Ma il tentati-vo di Berlusconi di superare quest’infelici-tà pubblica ha inito invece con il raforzar-la, aferma Orsina. Sul Fatto Quotidiano il
sociologo napoletano Sergio Mantile cita
un esempio estremo: “A Pozzuoli non c’è
paura per il bradisismo, se non durante le
scosse di terremoto. La vera paura è sem-pre stata quella di essere trufati dalle isti-tuzioni”. Questo è il nucleo dell’elettorato
di Berlusconi. Nelle elezioni politiche di
ine febbraio, a Ottaviano, una cittadina di
25mila abitanti sulle pendici del vulcano,
Berlusconi ha preso più del doppio dei voti
rispetto al risultato nazionale.
Istituzioni e cittadini
Il  bisogno  d’individuare  con  urgenza
un’élite in grado di guidare il progetto di
rieducazione nazionale ha creato una si-tuazione paradossale in cui la classe diri-gente era allo stesso tempo troppo vicina e
troppo lontana dai cittadini, spiega Orsina:
“Attraverso i partiti, hanno avuto un acces-so diretto alle istituzioni diversi gruppi so-ciali.  Ma  questa  vicinanza  ha  creato  un
rapporto con lo stato in gran parte basato
sullo scambio di favori. Questo però non
diminuisce la diidenza reciproca tra citta-dini e istituzioni”. Orsina deinisce il pro-getto di Berlusconi strutturalmente ambi-guo:  “Un  programma  perfetto  per  fare
campagna elettorale, ma impossibile come
programma di governo. Attraverso la tele-visione ha una buona presa sugli elettori
periferici – in senso geograico, culturale e
sociale – cioè quelli che disprezzano la po-litica”. I suoi sostenitori formano un eser-cito di persone che non intendono impe-gnarsi: “È la marginalizzazione della poli-tica come utopia, la mobilitazione della
collettività per restringere il potere della
collettività”, dice Orsina. “Berlusconi ha
attirato un elettorato scettico, frammenta-to e furioso, non solo riconoscendo ma an-che rendendo omaggio alla sua irritazione
e promettendo che lui, il non politico, sa-rebbe stato la soluzione miracolosa, sem-plice e rapida a tutti i problemi”.
Un esempio lampante di come la dii-denza verso le istituzioni si sia istituziona-lizzata è la ministra della giustizia Anna-maria Cancellieri: “Non è giusto”, ha ripe-tuto più volte in una telefonata intercettata
con la compagna di Ligresti, dopo che l’im-prenditore e le sue due iglie nel mese di
agosto erano initi in carcere con l’accusa
di falso in bilancio aggravato e aggiotaggio.
Il iglio di Ligresti è latitante all’estero. Do-po l’uscita dal carcere di una delle iglie,
che sofre di anoressia, la promessa d’aiuto
della ministra è diventata di dominio pub-blico.  Inoltre  sembra  che  Ligresti  abbia
raccomandato  Cancellieri  a  Berlusconi
durante la carriera prefettizia. E il iglio,
che vive nel palazzo giallo ai Parioli, ha la-vorato per Ligresti ino allo scorso anno,
quando ha lasciato il suo posto di lavoro
ricevendo una buonuscita di 3,6 milioni di
euro.
Ma in parlamento Cancellieri, che dei-nisce il sistema giudiziario “ingiusto”, ha
raccolto applausi afermando il suo “diritto
a essere umana”. “Un rappresentante del
governo non è chiamato a fare opere buo-ne”,  ha  protestato  invano  l’antropologa
Amalia Signorelli durante un dibattito te-levisivo, “è chiamato ad amministrare la
legge, realizzarla, rispettarla e farla rispet-tare”.  Cancellieri  è  sopravvissuta  a  una
mozione di siducia in parlamento dopo
aver raccontato della sua amicizia di lunga
data con la famiglia Ligresti. “Una carica di
questo tipo impone un particolare auto-controllo”, osserva il professore di giuri-sprudenza Franco Cordero, che aggiunge:
“La parola amicizia non deve far parte di
un lessico ministeriale serio”.
“Per i suoi elettori Berlusconi è il sim-bolo del conlitto tra istituzioni e cittadini,
in cui anche lo stato potrebbe essere dalla
parte del torto”, dice Orsina. Uno degli av-versari più autorevoli di Berlusconi, il ilo-sofo Norberto Bobbio, sosteneva invece
che il potere invisibile nelle istituzioni –
amicizie, raccomandazioni, favoritismo e
corruzione – fosse un veleno per la demo-crazia, che è appunto “il regime del potere
visibile”.
Dopo che il 1 agosto l’ex presidente del
consiglio è stato condannato in via deini-tiva per frode iscale, il senato il 27 novem-bre ha votato sulla sua decadenza da parla-mentare. Ma Berlusconi ha contestato la
sentenza del tribunale di Milano che lo ha
condannato in via deinitiva, e ha fatto ri-corso alla corte europea dei diritti umani a
Strasburgo.  Ha  rilanciato  il  suo  vecchio
partito, Forza Italia, che nel 2007 si era in-tegrato nella formazione di destra Popolo
della libertà: “Sentiamo forte l’esigenza di
un nuovo appello agli uomini e alle donne
che amano la libertà e che vogliono restare
liberi”, ha detto Berlusconi.
Il ministro dell’interno Angelino Alfano
e altri parlamentari hanno scelto di non
aderire a Forza Italia e di continuare a so-stenere  il  governo,  indipendentemente
dalle vicende di Berlusconi rispetto alla
sua carica di senatore. Secondo diversi os-servatori,  questa  scissione  permette  a
Berlusconi  di  mantenere  tutte  le  porte
aperte. Agli occhi degli elettori apparirà
come un politico dell’opposizione, ma sarà
ancora in grado di inluenzare il governo
per gestire al meglio le conseguenze della
decadenza: “Se il presidente della repub-blica Giorgio Napolitano avesse potuto,
avrebbe  graziato  senza  esitazione
Berlusconi”, sostiene Orsina, “ma non è
tecnicamente possibile”.
Il problema maggiore della politica ita-liana è che la destra non può vivere né con
Berlusconi né senza di lui: “Molti elettori
lo considerano ancora l’unico punto di rife-rimento, e non c’è nessuno all’orizzonte
che potrebbe sostituirlo”, ritiene Orsina.
“Il problema è che, come abbiamo visto
con Mario Monti, quasi nessuno è disposto
a votare un centrodestra competente ed
europeista. Una formazione di questo tipo
prenderebbe al massimo il 10 per cento dei
voti. Questo dimostra che la destra dipen-de ancora totalmente da Berlusconi”. u

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