sabato 30 novembre 2013

1028 - Gli svizzeri non vogliono un limite agli stipendi Il 24 novembre la Svizzera ha respinto la proposta di un tetto alle retribuzioni dei manager. Ma l’equità salariale e la giustizia sociale sono diventati temi del dibattito pubblico Yves Petignat, Le Temps, Svizzera

a bocciatura del referendum pro-posto dai Giovani socialisti per
introdurre un rapporto massimo
di 1 a 12 tra gli stipendi più bassi e
quelli più alti nella stessa azienda ha messo
fine al dibattito sulle retribuzioni troppo
elevate, ma non a quello sulla questione sa-lariale e sul dialogo tra imprenditori e sin-dacati, il cosiddetto partenariato sociale. I
socialisti non sono riusciti a convincere gli
elettori della necessità di cambiare radical-mente  i  rapporti  industriali  ricorrendo
all’intervento statale e rischiando, in questo
modo, di compromettere la natura dell’eco-nomia svizzera. La loro proposta è stata re-spinta dal 65,3 per cento degli elettori e da
tutti i 26 cantoni del paese. Dall’anno pros-simo, tuttavia, l’attenzione si sposterà sui
redditi più bassi e sulla proposta di istituire
un salario minimo. “Sarà uno scontro molto
più duro e appassionato. Ho grande rispetto
per quest’iniziativa”, ha ammesso Philipp
Müller, presidente del Partito liberale radi-cale. I socialisti, invece, speravano in un ri-sultato diverso per sensibilizzare l’opinione
pubblica sul tema della giustizia sociale.
Anche secondo Paul Rechsteiner, presiden-te dell’Unione sindacale svizzera, l’iniziati-va sulle retribuzioni “ha sollevato una que-stione rilevante, ma non ha saputo mobili-tare la maggioranza dei cittadini. Il voto sul
salario minimo sarà tutta un’altra storia”.
Un obiettivo ambizioso
Partita con un indice di gradimento vicino
al 50 per cento, la proposta dei Giovani so-cialisti è afondata nelle ultime settimane.
Il referendum non è passato nemmeno in
cantoni generalmente propensi a sostenere
le proposte della sinistra come Ginevra, Ba-silea città, Jura o Neuchâtel. L’alta parteci-pazione (il 53,6 per cento degli aventi dirit-to) testimonia inoltre che il tema ere molto
sentito. Il risultato ha rassicurato il consi-glio federale (l’esecutivo della federazione)
e i partiti di destra. Il ministro dell’econo-mia Johann Schneider-Ammann ha sottoli-neato il sostegno degli elettori al modello
del partenariato sociale e alle attuali leggi
sul lavoro, convinto che la bocciatura del
referendum anticipi il riiuto dell’iniziativa
sindacale sul salario minimo. L’importante,
ha aggiunto, è che l’economia resti aidabi-le e solida, in grado di attirare gli investitori
e senza ulteriori ingerenze dello stato.
A conti fatti, il vincitore della battaglia è
Jean-François Rime, presidente dell’Usam,
l’organizzazione delle piccole imprese. Do-po aver guidato la campagna per il no, Rime
ha dichiarato che il risultato “è di buon au-spicio in vista del voto sul salario minimo,
che però sarà molto più combattuto”. Intan-to, le ragioni del successo vanno ricercate
non solo nell’attaccamento degli svizzeri al
partenariato sociale e nel riiuto di qualsiasi
intrusione statale nell’economia, ma anche
nella  propaganda  fatta  all’interno  delle
aziende. Secondo i sostenitori del sì, gli im-prenditori hanno fatto leva sulla paura, evo-cando il rischio della delocalizzazione. Ma
Rime non è d’accordo: “Siamo stati realisti.
Gli svizzeri hanno capito che l’iniziativa era
pericolosa e poteva portare a una situazione
economica simile a quella francese”.
A urne chiuse Cédric Wermuth, ex pre-sidente dei Giovani socialisti e tra i promo-tori dell’iniziativa, non ha voluto ammette-re la sconitta. I suoi giovani compagni han-no festeggiato il 34,7 per cento di voti rac-colto come un successo. “Tre anni fa tutti
dicevano che la nostra idea era strampalata
e prevedevano che avremmo raccolto meno
del 20 per cento dei consensi. Invece siamo
riusciti a imporre al paese un dibattito serio
sulla giustizia sociale. Il rapporto di 1 a 12 è
quasi diventato uno standard morale per gli
industriali”, spiega Wermuth, il quale però
ammette che l’iniziativa era troppo ambi-ziosa. “Non siamo stati abbastanza credibi-li per cambiare le regole del gioco economi-co,  ma  con  il  referendum  è  emersa  una
nuova generazione di militanti”. Nonostan-te l’iniziativa sia stata sostenuta anche dai
sindacati e dal Partito socialista, a guidare
la campagna elettorale sono stati infatti so-prattutto i Giovani socialisti, che oggi pro-mettono di continuare la lotta contro i sala-ri troppo alti: “La destra si dice indignata
per i redditi spropositati, ma non farà nulla.
Noi  invece  torneremo  alla  carica”,  dice
Wermuth. In efetti il ministro dell’econo-mia sa che l’aumento eccessivo degli sti-pendi dei manager può minacciare la coe-sione sociale, e il 24 novembre ha approit-tato dell’occasione per chiedere agli im-prenditori di assumersi le loro responsabili-tà in tema di retribuzioni. u as

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