martedì 8 ottobre 2013

Afari di famiglia Axel Gyldén, L’Express, Francia

Raúl Castro ha annunciato che nel 2018 lascerà la
presidenza cubana. Chi prenderà il suo posto?
È presto per dirlo, ma all’interno del clan al potere
la ricerca del successore è già cominciata


S
e uno dei igli di Fidel Castro
si fa vedere su un campo da
golf  per  promuovere  uno
sport così borghese, signiica
che  a  Cuba  sta  succedendo
qualcosa di nuovo. Ad aprile
del 2013 cento golisti provenienti da tutto
il mondo hanno partecipato alla quinta edi-zione della coppa Montecristo nella stazio-ne balneare di Varadero, a un centinaio di
chilometri dall’Avana. Sul green Antonio
Castro, un chirurgo ortopedico di 42 anni,
somigliava agli altri giocatori: swing im-peccabile, pantaloni con le pinces, look ca-sual chic. Il suo cognome invece è più fa-moso di quello di Tiger Woods.
Un Castro su un campo da golf ? A Cuba
non si vedeva una cosa del genere dal 1960.
Quell’anno, per deridere la passione del
presidente statunitense dell’epoca, i padri
della rivoluzione Ernesto Che Guevara e
Fidel Castro si erano cimentati in mimetica
nell’arte del putt (far rotolare la pallina in
buca). Il giorno dopo la stampa cubana ave-va scritto: “Fidel gioca a golf meglio di Ei-senhower”. Cinquant’anni dopo, il iglio
del comandante ha voluto rilanciare questo
sport a lungo proibito. Tutto è ammesso per
incoraggiare gli imprenditori stranieri a in-vestire nel turismo, un settore vitale per
l’economica cubana.
A eccezione di Fidel e Raúl, i Castro non
appaiono spesso sui mezzi d’informazione.
Per decenni la vita privata del líder máximo
è  stata  uno  dei  segreti  meglio  custoditi
dell’isola: “Fidel ha subìto numerosi atten-tati e la sua sicurezza personale è diventata
un’ossessione”, aferma lo scrittore Nor-berto Fuentes. “Ha sempre considerato la
sua famiglia come un punto vulnerabile.
Da questo è nata la sua volontà di separare
in modo netto la vita pubblica da quella pri-vata”. Anche Dalia Soto del Valle, che vive
con Fidel dal 1961 (i due hanno avuto cin-que igli), ha mantenuto l’anonimato per
una trentina d’anni.
Non è una monarchia
La situazione è cambiata a partire dal 2008,
quando Raúl Castro ha sostituito il fratello
al potere. Più razionale e meno concentrato
su se stesso, Raúl sta riorganizzando l’eco-nomia e liberalizzando l’informazione, una
decisione resa inevitabile dalla difusione
di internet e dei social network, dove iltra-no le indiscrezioni sulla nomenclatura. Co-sì, proprio quando l’isola festeggia il ses-santesimo anniversario della rivoluzione –
cominciata uicialmente il 26 luglio 1953 a
Santiago de Cuba con l’attacco fallito alla

caserma Moncada – per la prima volta è sta-to possibile ricostruire un albero genealogi-co completo della famiglia regnante. Un
esercizio ricco di insegnamenti, che dimo-stra come, con il passaggio del potere da
Fidel a Raúl, si sia avviato un vero e proprio
processo dinastico. Cosa succederà in futu-ro? È troppo presto per deinire l’identikit
del  successore  di  Raúl,  ma  le  piste  non
mancano. L’unica certezza è che, con l’usci-ta di scena del fratello minore di Fidel, bi-sognerà fare i conti con la dinastia al potere.
Il presidente cubano, 82 anni, ha annuncia-to che nel 2018 andrà in pensione.
Nella famiglia Castro, Fidel ha avuto
una decina di igli, alcuni fuori dal matri monio, e Raúl quattro (senza dimenticare i
cugini,  i  nipoti  e  anche  qualche  giovane
pronipote). Per molto tempo è stato Fideli-to (piccolo Fidel) il potenziale erede del
padre. Nato dal primo matrimonio di Fidel
con Mirta Díaz Balart – una bella donna
proveniente dalla borghesia, la cui famiglia
era legata al regime del dittatore Fulgencio
Batista – Fidelito è stato l’unico ad apparire
sui mezzi d’informazione in da giovanissi-mo. Nel 1959 una trasmissione della Cbs lo
mostrò in pigiama al ianco di suo padre,
anche lui in tenuta da notte: il guerrigliero
vittorioso si sforzava di spiegare che non
era comunista.
Fidelito è un isico nucleare e ha studia to sotto falso nome in Unione Sovietica:
grazie a un favore di Leonid Brežnev, fre-quentò un istituto di ricerca nucleare su-persegreto. Negli anni ottanta Fidelito di-resse la Commissione cubana dell’energia
atomica (Ceac), ma nel 1992 fu sollevato
dall’incarico a causa della sua cattiva ge-stione e di un comportamento arrogante,
imprudente  e  in  alcuni  casi  addirittura
sfrontato. “Non si è dimesso, è stato licen-ziato. Cuba non è una monarchia”, dichia-rò all’epoca suo padre, che gli rimprovera-va una “incomprensibile sete di potere”,
anche se una dichiarazione del genere fat-ta da Fidel poteva suscitare qualche facile
ironia.
Così il maggiore dei igli di Fidel Castro
entrò a far parte del cosiddetto plan pija-ma, l’espressione con cui a Cuba si indica il
fatto di essere stati messi da parte. Per anni
Fidel non gli ha più rivolto la parola. Dopo
il 2000 Fidelito è tornato a poco a poco
nelle sue grazie, ma non è stato riammesso
nel circolo del potere. Nel marzo del 2012 è
riapparso in tv, questa volta senza pigiama.
In occasione di un viaggio a Mosca, Fideli-to ha risposto alle domande di un giornali-sta della rete televisiva Russia Today. Lo
scienziato ha elogiato le riforme economi-che avviate dallo zio Raúl (più lessibilità
nelle regole di emigrazione e apertura li-mitata all’economia di mercato), ma si è mostrato più riservato sull’eredità del pa-dre, che non ha mai chiamato per nome e
ha deinito con l’espressione distaccata di
“leader storico”.
Neanche i suoi cinque fratellastri sem-brano destinati a un futuro politico. Nati
dall’unione di Fidel Castro con Dalia Soto
del Valle, una maestra che il líder máximo
ha incontrato nel 1961 e ancora oggi è al suo
ianco, hanno tutti un nome che comincia
con la lettera a: Alexis, Alexander, Alejan-dro, Antonio (il chirurgo golista) e Angeli-to. Nei primi tre casi si tratta di una variante
di Alexandre, pseudonimo adottato da Fi-del all’epoca della guerriglia in omaggio ad
Alessandro Magno, per il quale aveva una
grande ammirazione.
I “5 A” sono cresciuti lontano dal potere
e dalla famiglia. Prima della loro maggiore
età non hanno mai incontrato i igli di Raúl,
anche se vivevano a poca distanza gli uni
dagli altri. “A diferenza di Fidel, Raúl ha
un  forte  senso  della  famiglia”,  sostiene
Fuentes. “Raúl era raggiante quando suo
iglio, ormai più che ventenne, incontrò ca-sualmente due cugini a una festa. L’allora
ministro  della  difesa  chiese  subito  delle
bottiglie di vodka per brindare all’evento”.
Il principe dell’Avana
Secondo Juan Reynaldo Sánchez, ex guar-dia del corpo di Fidel oggi rifugiato in Flori-da, i cinque ragazzi sono “intelligenti, ma
non hanno niente di eccezionale. Educati
in una scuola riservata alla nomenclatura e
vissuti nella casa paterna, sono persone vi-ziate e cresciute in un contesto privilegiato
lontano dal mondo reale”. Nella loro ha-cienda, a ovest dell’Avana, ci sono una pi-scina, un eliporto, una serra, un orto biolo-gico e un allevamento di mucche.
Alexis e Alejandro, laureati in informa-tica e con un’enorme rete di conoscenze
prestigiose, dividono il loro tempo tra pia-ceri e afari nel settore informatico. Alexan-der, 50 anni, detto “el Gordito” (grassottel-lo), ha fatto il cameraman per la tv cubana e
oggi si occupa di fotograia. Qualche tempo
fa ha esposto una serie di ritratti di suo pa-dre in una galleria alla moda di Città del
Messico. Invece Angelito, il più piccolo (è
nato nel 1974), è appassionato di automobi-li ed è l’unico a non aver fatto degli studi
superiori. Si dice che lavori per il rappresen-tante cubano della Mercedes-Benz.
Inine c’è Antonio, l’unico a essersi tro-vato un lavoro per conto suo. È chirurgo
ortopedico ed è uno sportivo: battitore di
baseball di talento, esperto sommozzatore,
golista, ma anche medico della nazionale
di baseball, presidente della federazione
cubana e vicepresidente della federazione
internazionale di baseball. Tutto sembra
sorridergli: è brillante, attraente, ha una
bella moglie ed è considerato una sorta di
“principe dell’Avana”. Gli manca però il
senso della politica.
Nel 2009 si è fatto scoprire mentre ave-va  una  relazione  virtuale  con  una  certa
“Claudia”,  una  splendida  colombiana.
“Voglio baciarti e fare l’amore con te senza
fermarmi mai”, scriveva all’epoca tonyc-sport@yahoo.ca a claudiacartagena82@
yahoo.com. Otto mesi dopo, però, Claudia
ha rivelato la sua vera identità: Luis Domín-guez, un cubano di 46 anni residente a Mia-mi, che voleva prendere in trappola i servizi
di sicurezza castristi e ridicolizzare la fami-glia detestata da due milioni di esuli cuba-ni. “Sull’isola la gente non ha accesso a in-ternet”, ha denunciato l’autore dello scher zo. “Ma i igli di Castro hanno i Blackberry
e un accesso illimitato al web”. In realtà a
parte Alina, la iglia illegittima di Fidel che
è fuggita da Cuba vent’anni fa, è il clan di
Raúl ad aver ereditato il “gene della politi-ca”. Sui quattro figli dell’attuale numero
uno cubano, tre sono direttamente coinvol-ti nel sistema di potere. Mariela Castro, 51
anni, presiede la Federación de mujeres
cubanas, dove ha preso il posto di sua ma-dre, Vilma Espín, morta nel 2007. Militan-te, favorevole al matrimonio omosessuale,
è una sessuologa dalle idee progressiste
che dirige anche il Centro nacional de edu-cación sexual de Cuba (Cenesex), parteci-pa a numerose conferenze internazionali
sui diritti degli omosessuali e si è guada-gnata una visibilità a livello mondiale. “È
stata lei a introdurre la perestrojka in casa
nostra”, ha detto un giorno Raúl parlando
della iglia. Nel gennaio del 2013 Mariela ha
fatto il suo ingresso come deputato nel par-lamento cubano e tutti sono convinti che la
sua inluenza si farà sentire nei dibattiti sul
dopo Raúl. Ma non c’è da stupirsi, visto che
fa politica da sempre. Prima di sposare il
fotografo e uomo d’afari italiano Paolo Ti-tolo, suo attuale marito, Mariela Castro ha
vissuto con un militante cileno di estrema
sinistra, Juan Gutiérrez Fischmann, con cui
ha avuto un iglio. Fischmann, che nel 1983
ha fondato il gruppo armato cileno Fronte
patriottico Manuel Rodríguez, è uno dei
principali accusati nell’attentato al senato-re cileno Jaime Guzmán, sostenitore del
generale  Augusto  Pinochet  e  ucciso  nel
1991. Ormai introvabile, Fischmann vive
probabilmente a Cuba.
Deborah, 53 anni, è la più anziana del
gruppo.  Consigliere  presso  il  ministero
dell’educazione, è stata a lungo sposata con
un uomo chiave del potere, Luis Alberto
Rodríguez López-Callejas, il padre dei suoi
due igli. Ex direttore generale di Gaesa, la
holding in mano ai militari che controlla
gran parte delle attività economiche del
paese (il settore alberghiero, l’aeronautica,
i servizi aeroportuali, lo zucchero, l’indu-stria della difesa, l’elettronica, il commer-cio al dettaglio, i sigari), è colonnello e co-nosce tutti i segreti delle operazioni inan-ziare del regime. Nonostante il divorzio,
voluto da Deborah a causa dei tradimenti
del marito, il signor “Genero” rimane un
attore fondamentale del regime cubano. Fa
parte del comitato centrale del Partito co-munista e controlla il grande cantiere di
ampliamento e di sviluppo del porto di Ma-riel, a 45 chilometri dall’Avana. Finanziato
con investimenti brasiliani, il porto avrà
probabilmente un ruolo strategico nella re gione il giorno in cui gli Stati Uniti toglie-ranno l’embargo.
Deborah e l’ex marito sono i genitori di
Raúl Guillermo detto “Raúlito”, un milita-re di 29 anni che appartiene alla cerchia più
ristretta del potere. Guardia del corpo per-sonale di suo nonno, “el Cangrejo” (il gran-chio) – il soprannome allude a una malfor-mazione delle dita – rimane raramente a
più di un metro di distanza dal capo dello
stato. Tuttavia nel clan di Raúl, dove i lega-mi familiari sono più stretti di quelli dei di-scendenti di Fidel, la persona con più possi-bilità di giocare un ruolo di primo piano
nella successione è il colonnello Alejandro
Castro Espín, 47 anni. È l’unico maschio tra
i igli di Raúl e ha due funzioni strategiche:
dirige i servizi segreti del ministero dell’in-terno  ed  è  responsabile  della  campagna
contro la corruzione avviata dal padre. Si è
laureato in relazioni internazionali e negli
anni ottanta ha combattuto in Angola. È
tornato dall’Africa con un occhio di meno a
causa di un incidente lontano dalla zona di
combattimento e per questo viene sopran-nominato “el Tuerto” (il guercio). Nel no-vembre  del  2012  ha  presentato  a  Mosca
l’edizione russa del suo libro El imperio del
terror, un duro attacco agli Stati Uniti.
In quell’occasione il grande pubblico ha
scoperto il suo leggero difetto di pronuncia
della zeta. “Non si può dire che abbia buca-to lo schermo”, osserva Juan Tamayo, gior-nalista  cubano  in  esilio.  Tuttavia  la  sua
mancanza di carisma e di eloquenza non è
un problema grave. Neanche suo padre,
ministro della difesa e oggi presidente, è
carismatico, ma questo non gli ha impedito
di dirigere per cinquant’anni, e con il pugno
di ferro, la più solida delle istituzioni cuba-ne – l’esercito – e poi di sostituire il fratello
alla guida del paese.
Inoltre il capo delle spie cubane ha una
qualità apprezzabile in una dittatura: sa es-sere inlessibile e machiavellico. “Alejan-dro ha la reputazione di accumulare infor-mazioni delicate sulle persone che potreb-bero infastidirlo”, osserva Brian Latell, ex
uiciale della Cia e autore del libro After
Fidel.
Alla ine del 2011 il colonnello non ha
esitato a far arrestare il compagno di sua
sorella Nilsita, la più piccola della famiglia.
Coinvolto  in  un  caso  di  corruzione  con
un’impresa ispano-canadese, Julio César
Díaz Garrandés ha passato alcuni mesi die-tro le sbarre in un centro di interrogatori
dell’Avana. La prova che per Alejandro, co-sì come in passato per lo zio Fidel, il senso
della famiglia si ferma dove comincia quel-lo del potere. u a

Nessun commento:

Posta un commento