martedì 8 ottobre 2013

La scuola digitale The Economist, Regno Unito - Software che valutano gli studenti, lezioni interattive, siti per scambiarsi materiale. Negli Stati Uniti le nuove tecnologie stanno rivoluzionando la didattica. Con risultati incoraggianti

n una piccola scuola elementare
del South Side di Chicago, qua­
ranta bambini tra i cinque e i sei
anni  sono  seduti  in  silenzio  in
un’aula. Davanti a ognuno di loro
c’è un computer con un program­
ma che si chiama Reading Eggs. Alcuni
stanno leggendo un piccolo racconto, altri
costruiscono frasi con le parole che hanno
imparato. I più piccoli cercano di catturare
le b maiuscole e minuscole che volano nel
cielo. Appena completato un compito, van­
no a vedere la mappa colorata che registra
i loro progressi nella lettura e nella scrittu­
ra. Lungo il percorso accumulano uova che
possono usare per comprare oggetti che
fanno parte del gioco, come i mobili per
arredare l’appartamento del loro avatar.
Ogni tanto, uno dei bambini viene preso
da parte da uno dei due insegnanti della
classe per una prova programmata di lettu­
ra.
La  direttrice  della  scuola,  la  North
Kenwood  Oakland,  dice  che  unire  soft­
ware e intervento umano aiuta gli alunni a
imparare più rapidamente. Permette an­
che agli insegnanti  di dedicare più tempo
all’insegnamento piuttosto che alla corre­
zione dei compiti e alle noiose esercitazio­
ni in classe. Inoltre, la scuola dispone di
dati aggiornati e precisi sui progressi di
ogni bambino, che vengono raccolti e ana­
lizzati da appositi programmi.
L’idea che la tecnologia possa rivolu­
zionare l’insegnamento non è nuova. Qua­
si tutte le invenzioni del novecento dove­
vano avere grandi implicazioni per la scuo­
la: le aziende produttrici di macchine da
scrivere, ilm, proiettori, programmi edu­
cativi per la tv, computer o cd rom promet­
tevano tutte di migliorare il rendimento
degli studenti. Durante il boom della new
economy  degli  anni  novanta  sono  stati
spesi iumi di denaro per comprare compu­
ter per le scuole. Ma non hanno rivoluzio­
nato l’apprendimento. Perciò  occorre cau­
tela davanti ai proclami di chi oggi sostiene
la validità delle nuove tecnologie tecnolo­
giche a scopo didattico. Ma ci sono buoni
motivi per credere che un cambiamento
stia già avvenendo.
Nel corso del novecento, l’istruzione di
massa ha prodotto popolazioni più capaci
di leggere, scrivere e fare i conti di quante
ce ne fossero state al mondo ino a quel
momento. Ma di solito l’ha fatto in modo
impersonale,  con  file  di  bambini  irregi­
mentati che ripetevano a memoria le ta­
belline. L’istruzione non poteva essere ta­
gliata su misura per ogni bambino.
I programmi di insegnamento che valu­
tano  i  progressi  di  ogni  alunno,  invece,
possono svolgere un ruolo molto più simile
a quello che i tutori e le governanti svolge­
vano molto tempo fa nelle case dei ricchi. I
dati estratti dalle risposte di ogni bambino
possono essere usati per stabilire cosa far­
gli vedere e sentire la prossima volta che
siederà davanti al computer. Gli stessi dati
consentono anche di valutare continua­
mente le abilità che ha acquisito e i suoi
punti deboli, per far conoscere meglio alla  cuola, agli insegnanti e ai genitori sia lo
studente stesso sia il modo in cui gli esseri
umani imparano. Questo tipo di apprendi­
mento, che nel gergo del settore si chiama
“adattivo”, non è l’unico vantaggio che la
tecnologia ofre agli insegnanti e agli alun­
ni di oggi. Le risorse online, dai wiki ai po­
dcast ai video educativi, permettono sia ai
bambini sia agli adulti di imparare da soli,
in aggiunta alla scuola o al suo posto. Per
usare le parole di Bill Gates, che segue con
attenzione gli sviluppi in questo campo at­
traverso la sua fondazione, “è un momento
speciale per l’istruzione”.
Alta velocità
Questo è dovuto in parte al fatto che è un
momento  speciale  per  la  tecnologia
dell’informazione in generale. La capacità
di progettare sistemi che elaborano in bre­
vissimo tempo grandi quantità di dati è
ormai matura. Questo permette di traccia­
re graici come la “curva di decadimento”,
che rappresenta come un bambino dimen­
tica gradualmente quello che ha imparato.
E, grazie alla maggiore velocità di elabora­
zione, alla più ampia disponibilità della
banda larga e delle risorse del cloud compu-ting, quasi tutto ormai costa pochissimo.
Il motivo principale per essere ottimi­
sti, tuttavia, viene dalle prove raccolte nel­
le classi. Nelle scuole statali statunitensi la
difusione della tecnologia dell’istruzione
è molto aumentata da quando, con la legge
No child left behind voluta da George W.
Bush, è diventato obbligatorio misurare il
rendimento degli alunni. L’apprendimento
online è stato introdotto per la prima volta
in alcuni posti isolati, come le campagne
dell’Idaho,  dove  le  scuole  cercavano  un
modo per ampliare la loro oferta di pro­
grammi di studio che era piuttosto limita­
ta. L’iniziativa Race to the top di Barack
Obama ha dato un’altra spinta al sistema,
mettendo a disposizione miliardi di dollari
agli stati che volevano innovare i loro pro­
grammi. All’inizio di giugno l’amministra­
zione Obama ha annunciato un piano per
fornire al 99 per cento degli studenti statu­
nitensi l’accesso a internet ad alta velocità
entro cinque anni.
Le scuole che hanno adottato questo
sistema  hanno  ottenuto  buoni  risultati.
Rocketship, un gruppo di sette scuole pari­
ficate  di  San  José,  in  California,  unisce
all’insegnamento  tradizionale  almeno
un’ora al giorno di apprendimento indivi­
duale  online  in  matematica,  scrittura  e
comprensione del testo. Gli studenti che
vengono da famiglie a basso reddito sono
più bravi di quelli dei distretti più ricchi dello  stato.  Sulla  costa  orientale,  Mark
Edwards, direttore del distretto scolastico
di  Mooresville,  in  North  Carolina,  nel
2009 ha introdotto l’apprendimento per­
sonalizzato con l’uso di computer portatili
per tutti gli studenti di più di dieci anni.
Oggi il suo distretto scolastico è uno dei
migliori dello stato, anche se è tra quelli
che  ricevono  meno  finanziamenti  per
alunno. Tra il 2009 e il 2012 la percentuale
degli studenti considerati competenti in
matematica, scienze e comprensione del
testo è passata dal 73 all’88 per cento.
Diversi studi hanno misurato l’eicacia
di  alcuni  tipi  di  software.  Il  ministero
dell’istruzione statunitense ha valutato per
quattro anni i programmi di alfabetizzazio­
ne e ha concluso che Read 180, un pro­
gramma che aiuta gli studenti rimasti in­
dietro a migliorare la loro capacità di lettu­
ra, poteva essere usato anche per combat­
tere l’analfabetismo negli adulti. Cognitive
Tutor, un programma che aiuta gli inse­
gnanti a individuare i punti forti e deboli  degli studenti in matematica, è stato sotto­
posto a un test di controllo randomizzato:
è  emerso  che  su  400  ragazzi  di  15  anni
dell’Oklahoma, quelli che avevano usato il
programma avevano impiegato il 12 per
cento di tempo in meno per raggiungere lo
stesso livello di competenza del gruppo di
controllo.
Una delle stelle in ascesa dell’edtech, la
tecnologia a scopo didattico, è la Khan aca­
demy, un’organizzazione non profit che
mette a disposizione su internet video di­
dattici molto usati da chi studia a casa. Alla
Oakland  unity,  un  liceo  che  sorge  in  un
quartiere degradato di Oakland, i punteggi
dei test di algebra e geometria dei ragazzi
tra i 16 e i 17 anni sono aumentati in modo
signiicativo da quando due anni fa la scuo­
la ha introdotto i corsi Khan. Oggi i corsi
sono usati anche dal distretto scolastico di
Los Altos, sempre in California, che era già
uno dei migliori degli Stati Uniti. La Khan
academy spiega come fa la tecnologia a ca­
povolgere il metodo tradizionale: gli stu­
denti non fanno più le lezioni in classe e i
compiti a casa, ma guardano i video a casa
e lavorano sui problemi in classe, dove gli
insegnanti e i compagni possono aiutarli.
Imparare giocando
Ma quest’ondata di innovazioni tecnologi­
che per l’istruzione è troppo recente e trop­
po eclettica per dimostrarsi valida in modo
deinitivo. Bisogna ancora mettere insie­
me prodotti diversi. Amplify, la divisione
educativa della News corporation di Ru­
pert Murdoch, è l’unica ad avere un soft­
ware (per tablet) che ofre un programma
di studi integrato. Secondo alcune ricer­
che, il modo in cui la tecnologia viene usata
nelle scuole è importante quanto averla a
disposizione.
L’incertezza sui risultati non ha impe­
dito alle aziende che si occupano di istru­
zione  di  scommettere  grandi  somme
sull’innovazione tecnologica, in dagli an­
ni novanta. La Pearson ha speso più di no­
ve miliardi di dollari negli ultimi dieci anni per aggiornare la tecnologia del suo settore
istruzione. Anche la News corporation sta
scommettendo molto su Amplify, gestito
da Joel Klein, un ex direttore scolastico di
New York. Nella sede di Amplify, un vec-chio deposito nel quartiere Dumbo di New
York, non ci sono solo classi dove studenti
e insegnanti usano le nuove tecnologie, ma
gruppi di ex insegnanti che lavorano alla
produzione di contenuti con i programma-tori di software, i graici, gli psicometristi e
gli ideatori di giochi.
Molta della tecnologia di Amplify e di
altre aziende s’ispira ai giochi per compu-ter e ai social network. Il gioco coinvolge di
più i ragazzi, spiega Nt Etuk, il fondatore di
DimensionU, che produce giochi interatti-vi per insegnare la matematica e le scienze.
Buona parte della programmazione, della
progettazione e del design è dedicata alla
creazione di applicazioni in cui gli studenti
possono competere tra loro o aiutarsi a vi-cenda, e che premiano i loro successi. Uno
dei  più  popolari  siti  di  matematica  del
mondo, Mathletics – usato dagli studenti
di Pakistan, Arabia Saudita, Hong Kong,
Regno Unito, Nuova Zelanda e
Stati Uniti – permette di ottenere
un attestato, di apparire nelle li-ste dei migliori del mondo e di
guadagnare “monete d’oro” che
possono usare per acquistare ag-giornamenti  per  i  loro  avatar.  Qualche
tempo fa la Kaplan, un’azienda di proprietà
del  Washington  Post,  ha  annunciato  un
partenariato con la Badgeville, una ditta
specializzata nella “ludicizzazione”, per la
creazione  di  giochi  d’apprendimento  in
grado di premiare i buoni risultati facendo
comparire una targhetta sullo schermo.
Tra le organizzazioni che finanziano
l’applicazione di questo potenziale mate-riale all’istruzione ci sono imprese come la
Pearson, produttrice di libri di testo e altre
risorse, aziende afermate nel campo della
tecnologia pronte a lanciarsi in un nuovo
grande mercato (la Apple dice di aver già
venduto i suoi iPad 3M a diverse scuole e
università statunitensi nel 2012) e ditte che
considerano le nuove tecnologie per la di-dattica una grande opportunità.
C’è poi una miriade di startup inanzia-te dagli investitori statunitensi secondo i
quali l’edtech è la grande novità. La società
di consulenza Gsv advisors aferma che nel
2012 gli investimenti nel settore hanno su-perato il miliardo di dollari.  In termini di
cifre, nel 2011 gli investimenti nel settore
della  tecnologia  per  l’istruzione  hanno
raggiunto quasi i livelli del boom delle dot-com, e in termini di volume li hanno addi-rittura superati. La prima grande ondata di
investimenti e sperimentazioni è partita
dagli Stati Uniti,  dove esiste una grande
industria tecnologica, ci sono investitori e
ilantropi esperti in questo campo e una
cultura portata a sperimentare le novità.
Senza contare la prospettiva di un enorme
mercato e di potenziali mercati di nicchia
(le scuole specializzate).
Gli ostacoli della burocrazia
Eppure,  l’introduzione  della  tecnologia
nelle scuole statunitensi non è senza osta-coli. I 13mila distretti scolastici aggiornano
ancora i libri di testo e le attrezzature in
modo lento e non coordinato, e per le for-niture seguono un sistema farraginoso. I
politici locali possono cambiare le regole
in modo imprevedibile, creando problemi
alle startup che vorrebbero vendere la loro
tecnologia.
I sindacati degli insegnanti statuniten-si, inoltre, temono che la professionalità
dei docenti venga sostituita da una combi-nazione di tecnologia e forza lavoro meno
qualiicata, o magari solo dalla tecnologia.
Hanno avviato azioni legali per
far  chiudere  le  scuole  online,
proponendo di mettere un limite
alle iscrizioni a queste scuole vir-tuali degli studenti che vivono
nei loro distretti.
Simili preoccupazioni non sono del tut-to infondate. Gli insegnanti delle scuole
Rocketship di San José guadagnano il 20
per cento in più di quelli degli altri istituti
del distretto, ma possono avere ino a cen-to ragazzi da seguire nei laboratori di ap-prendimento online. Questo consente alle
Rocketship di far pagare rette più basse di
altre scuole delle stesse dimensioni, ma
significa  anche  che  ci  sono  meno  inse-gnanti. I sindacati sospettano anche che   un maggiore uso della tecnologia compor-ti un controllo più severo del lavoro dei do-centi, un timore raforzato dalla proposta
di Bill Gates di mettere una telecamera in
ogni aula per aiutare gli insegnanti a valu-tare gli alunni.
Per gli insegnanti, l’aspetto positivo po-trebbe essere una diminuzione del lavoro
di routine, perché alcuni dei loro compiti
più noiosi potrebbero essere automatizza-ti, dandogli la possibilità di mettersi alla
prova e ripensare il modo di fare lezione.
Se potranno usare la tecnologia come sup-porto, i docenti avranno tempo per dedi-carsi a qualcosa di più gratiicante. L’Ame-rican federation of teachers, un sindacato
di insegnanti, ha investito dieci milioni di
dollari, in collaborazione con la britannica
Tsl education, in un’iniziativa chiamata
sharemylesson.com, un sito che permette
agli insegnanti di condividere piani di stu-dio e di lavoro.
La Lore, una startup di New York recen-temente acquisita dalla Noodle, ha creato
una piattaforma simile a Face book in cui i
docenti possono condividere lezioni e va-lutazioni, e gli studenti possono parlare
con gli insegnanti e tra loro. Una rete simi-le, chiamata Edmodo, consente l’accesso
anche ai genitori.
Anche se si riuscirà a convincere gli in-segnanti e i sindacati, rimarranno due pre-occupazioni. La prima riguarda l’uso dei
dati di tutti quei ragazzi. “Sappiamo di più
sui nostri utenti di quanto qualsiasi società
abbia mai saputo su chiunque”, dice José
Ferreira, il fondatore di Knewton, un’azien-da di New York che produce strumenti per
adattare i contenuti alle capacità dei singo-li studenti. Come per tutte le imprese che
raccolgono molti dati, bisogna chiedersi
che uso ne faranno. La seconda preoccu-pazione è che ad avvantaggiarsi di questo
cambiamento siano soprattutto gli studen-ti più ricchi, intelligenti e motivati, già ca-paci di sfruttare le risorse online. Ma que-sto timore potrebbe essere infondato. Se
usata bene, la tecnologia dell’informazio-ne dovrebbe consentire a tutti di ottenere
risultati migliori.
Come ha osservato di recente  il Council
on foreign relations, gli Stati Uniti stanno
scivolando sempre più in basso nelle gra-duatorie mondiali sui livelli di istruzione.
Negli ultimi trent’anni sono passati dal pri-mo al decimo posto per i diplomati e dal
terzo al tredicesimo per i laureati. La tec-nologia potrebbe invertire la tendenza se
la politica, la burocrazia e istituzioni ormai
superate non le metteranno i bastoni tra le
ruote. u b

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