martedì 22 ottobre 2013

La libertà limitata dei dissidenti birmani

Il governo birmano ha promesso
che libererà tutti i prigionieri
politici entro la ine dell’anno.
Ma quelli già rilasciati sono
sottoposti a restrizioni molto
severe
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 I
l 15 luglio, durante una visita nel Re-gno Unito,  il  presidente  birmano
Thein Sein si è impegnato a liberare
gli ultimi prigionieri politici entro la
ine dell’anno. La dichiarazione ha seguito
solo di poche ore l’arresto, nello stato del
Rakhine, di Kyaw Hla Aung, un noto avvo-cato musulmano impegnato nella difesa
dei diritti umani. L’attivista è colpevole di
aver partecipato a una manifestazione con-tro le leggi discriminatorie sulla cittadinan-za in vigore nello stato, teatro di violenze
contro la minoranza musulmana.
L’8 agosto è stato il 25° anniversario del-la rivolta del 1988. Nata come un movimen-to studentesco, la rivolta assunse tutt’altra
dimensione quando monaci, funzionari e
semplici cittadini organizzarono uno scio-pero generale contro la giunta militare al
potere. L’episodio non è ricordato solo per
La libertà limitata
dei dissidenti birmani
Il governo birmano ha promesso
che libererà tutti i prigionieri
politici entro la ine dell’anno.
Ma quelli già rilasciati sono
sottoposti a restrizioni molto
severe
Jake Scobey-Thal, The Nation, Stati Uniti
KHIN MAUNg WIN (Ap/LApReSSe)
Due prigionieri politici all’uscita del carcere di Rangoon, 23 luglio 2013
la violenta repressione che ne seguì, ma
anche per la nuova generazione di dissi-denti che generò. Da allora attivisti, scrit-tori, dissidenti sono in prigione per aver
osato chiedere riforme democratiche.
Negli ultimi due anni e mezzo molto è
cambiato. A partire dalle elezioni del 2010
– le prime pluripartitiche in vent’anni – il
governo ha realizzato delle riforme signii-cative, e ha rilasciato migliaia di prigionieri
politici.  probabilmente,  per  un  governo
che sta cercando di disfarsi delle sanzioni
internazionali e d’incoraggiare gli investi-menti stranieri, la liberazione dei prigio-nieri è la mossa più facile per dimostrare le
proprie buone intenzioni. Molti attivisti,
però, sostengono che la liberazione dei dis-sidenti è solo uno specchietto per le allodo-le rivolto all’occidente, una mossa diplo-matica che nasconde abusi dei diritti uma-ni tuttora commessi. Si stima che in carcere
ci siano ancora un centinaio di prigionieri
politici.
La promessa di liberare tutti, inoltre, è
stata messa in dubbio da una recente onda-ta di arresti. A giugno una corte ha condan-nato Myint Aung, segretario di una ong, a
un anno di lavori forzati per aver protestato
contro l’espansione della miniera di rame
di Letpadaung. Myint Aung è accusato di
aver organizzato una manifestazione non
autorizzata, illegale secondo una norma
del 2011 sulle assemblee paciiche. La nuo-va legge, apprezzata dai governi occidenta-li, tutela il diritto di riunirsi liberamente ma
contiene ancora diversi punti critici. per
esempio, un paciico atto di protesta diven-ta criminale se si dice qualcosa che può
danneggiare lo stato o se disturba il trai-co.
Oltre a Myint Aung, altre 13 persone so-no state accusate di aver organizzato un
corteo nella giornata internazionale della
pace. gli attivisti avevano provato a richie-dere un’autorizzazione, che gli era stata
negata. Oggi nel paese sarebbero circa 200
le  persone  accusate  di  aver  manifestato
senza permesso. per Tomas Ojea Quinta-na, il relatore speciale delle Nazioni Unite
sulla situazione dei diritti umani in Birma-nia, gli attivisti fermati recentemente pos-sono essere deiniti prigionieri politici.
All’inizio del 2013, per rispondere alle
pressioni della comunità internazionale e
dei gruppi di difesa dei diritti umani, il go-verno ha messo in piedi un comitato per il
“vaglio degli ultimi prigionieri di coscien-za”, che dovrebbe far luce sui singoli casi
ma che nei fatti, secondo gli attivisti, ha un
raggio d’azione molto limitato ed è solo un
altro esempio di come il governo usi i pri-gionieri politici per rifarsi un’immagine.
Secondo Bi Kyi dell’Associazione di assi-stenza ai prigionieri politici, “questo comi-tato è una vetrina per convincere gli Stati
Uniti a ritirare tutte le sanzioni”. In efetti,
sono sempre le sanzioni a spingere le rifor-me politiche in Birmania.
Ancora molto da fare
Secondo Human rights watch (Hrw), inol-tre, il governo impone restrizioni severe ai
prigionieri liberati. Alcuni, per esempio,
non possono uscire dal paese o iscriversi
all’università. Inoltre, il governo non ha in-tenzione di risarcire economicamente chi
ha subìto delle torture negli anni di prigio-nia. Ma mentre il governo cerca di far di-menticare gli abusi commessi in passato
dalla  giunta  militare,  non  può  ignorare
quelli compiuti nel presente. “purtroppo
molti governi della comunità internaziona-le pensano che la liberazione dei prigionie-ri sia la ine di una brutta storia e applaudo-no al presidente, mentre in realtà c’è anco-ra molto lavoro da fare”, commenta David
Scott Mathison di Hrw. u

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