D
opo l’ultimo naufragio a
Lampedusa governi e or-ganizzazioni internaziona-li hanno chiesto “un intervento più
duro contro il traico di esseri uma-ni”. È una reazione tipica, che si ri-pete a ogni tragedia sulle coste me-ridionali dell’Europa. Ma questa re-azione capovolge il rapporto causa-efetto degli eventi: dopo tutto, so-no i controlli più rigidi alle frontiere
a costringere i migranti a scegliere
strade pericolose e ad aidarsi ai
traicanti di esseri umani.
Le migrazioni verso l’Europa so-no alimentate dalla richiesta di ma-nodopera a basso costo nel settore
agricolo, in quello dei servizi e in al-tri settori informali. Oppure dai
conlitti che spingono i profughi a
lasciare i loro pae si d’origine. Fin-ché non si metteranno a punto mi-sure più eicaci per incanalare in
modo legale le migrazioni e inché i
profughi non potranno accedere fa-cilmente alla procedura per ottene-re asilo politico, molto probabil-mente l’immigrazione continuerà a
svolgersi in gran parte in modo ille-gale.
Per vent’anni si sono investite
grosse somme per i controlli. Molto
denaro è stato speso anche per
Frontex (l’agenzia europea per la
gestione delle frontiere esterne),
ma non è servito a fermare gli sbar-chi. Dal 1988 sono morte in mare
almeno 19mila persone (una cifra
che si basa solo sui corpi recupera-ti). I governi europei dovrebbero as-sumersi le proprie responsabilità in-vece di versare lacrime di coccodril-lo per i migranti senza cambiare li-nea politica. Vent’anni di investi-menti, del valore di miliardi di euro,
nei controlli alle frontiere non han-no fermato i migranti, ma hanno re-so l’Europa corresponsabile della
morte di migliaia di persone. u ab
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