giovedì 3 ottobre 2013

Trionfo a metà per Merkel B. Kohler, Frankfurter Allgemeine Zeitung, Germania

antando e ballando ebbri
di  felicità,  i  vertici  della
Cdu  hanno  celebrato  la
vittoria elettorale mentre
si  trovavano  ancora  sul
palco. Il risultato ha chia-ramente superato le più rosee aspettative
del partito della cancelliera Angela Merkel.
Si fanno paragoni con il 50,2 per cento di
Konrad Adenauer nel 1957. Ma il 41,5 per
cento dei voti non basta a garantire a Mer-kel la maggioranza assoluta. La cancelliera
ha bisogno di un alleato per governare e do-vrà cercarlo nello schieramento opposto,
perché una delle verità di questo voto è che
i seggi del nuovo Bundestag sono occupati
in prevalenza dai partiti di sinistra: i social-democratici della Spd, i Verdi e la sinistra
radicale della Linke. Merkel potrebbe for-mare una nuova grande coalizione con la
Spd o con i Verdi. Ma queste prospettive
non entusiasmano nessuno dei partiti inte-ressati. Dal punto di vista della Cdu l’ipote-si di una grande coalizione è la più interes-sante, perché sarebbe gradita ai tedeschi e
non sarebbe una novità per nessuno dei due
partiti. Merkel, inoltre, ha avvicinato la sua
linea a quella della Spd al punto che, sotto
molti aspetti, è diventato diicile dire dove
cominci un partito e dove inisca l’altro. Sul
piano della politica estera ed europea i so-cialdemocratici sono così aidabili da con-siderare le posizioni contrarie a Merkel un
atto di lesa maestà.
Ma dal punto di vista politico nessuno
dei due partiti sarebbe molto avvantaggiato  da una grande coalizione: alle elezioni la
Spd è stata penalizzata per avere avuto trop-po a che fare con la Cdu. È un marchio che
le è rimasto impresso a fuoco e per questo i
socialdemocratici stanno aumentando le
pretese in cambio del loro “sostegno ai vin-citori”. La grande coalizione non sarebbe
priva di rischi neanche per Merkel, perché
la Spd sarebbe tormentata in da subito dal-la consapevolezza di poter contare anche su
una maggioranza di sinistra, che in qualun-que momento potrebbe eleggere un social-democratico al cancellierato. Ralf Stegner,
il leader della Linke, è già ossessionato da
quest’idea. Ha precisato che subito dopo le
elezioni non è possibile fare “esattamente”
il contrario di quello che si era promesso
prima. Ma, secondo lui, in futuro i socialde-mocratici potrebbero non escludere una
collaborazione con la Linke, e in efetti se la
sinistra superasse le sue divisioni, la Spd
potrebbe guidare un governo.
I Verdi, che rientrerebbero nel quadro di
questo  rapido  cambiamento,  dovranno
chiedersi seriamente se vogliono che il loro
destino resti legato a quello della Spd. Dopo
la svolta antinucleare decisa dalla cancel-liera in seguito a Fukushima, non ci sono
più divari insuperabili neanche tra la Cdu e
i Verdi. Ma nei diversi land la solidità di una
simile alleanza non è stata ancora messa
abbastanza alla prova. Come sempre le re-azioni  di  rifiuto  sono  intense,  non  solo
nell’elettorato ecologista. Anche i cristiano-sociali della Csu, gli alleati bavaresi della
Cdu, tremano all’idea di ritrovarsi con i Ver-di. La cancelliera dovrà considerare tutti
questi aspetti nella formazione del governo.
All’ora del trionfo stanno seguendo giorni
di tattica. Ma in questo campo Merkel è bra-va come Adenauer. u fp


Un voto favorevole
all’Europa
Confermando Merkel, i tedeschi
hanno scelto anche di restare
nell’euro, nonostante tutte le
loro perplessità
Thomas Straubhaar, Die Welt, Germania a Germania ha votato per la stabi-lità e il consenso. Angela Merkel
è stata confermata alla guida del
paese e per altri quattro anni po-trà continuare a governare con la sua politi-ca dei piccoli passi. Se per strada si trova
davanti a una rotatoria, la cancelliera prefe-risce girarci intorno inché non è sicura di
svoltare nella strada che la porterà all’obiet-tivo. In questo modo il ritmo dei cambia-menti rallenta, ma non compromette ne-cessariamente la qualità delle decisioni. Se
la visibilità è limitata da una itta nebbia,
procedere a vista è una scelta saggia. È più
ragionevole che imboccare a tutta velocità
una strada che potrebbe portare al baratro.
Il risultato delle ultime elezioni dimo-stra quanto sia ampio il consenso dei tede-schi sulle questioni fondamentali per il fu-turo del paese. Questo vale in particolar
modo per la politica europea. Alternativa
per la Germania (Afd), il partito che chiede
la ine dell’euro, ha ottenuto un risultato importante,  raccogliendo  i  voti  di  molti
elettori insoddisfatti e frustrati, sia a sini-stra sia a destra. Eppure non è riuscito a su-perare lo sbarramento del 5 per cento per
entrare nel Bundestag. Basta questo a met-tere in luce la forza incredibile del centro e
la persistente debolezza degli estremismi.
È chiaro che, a prescindere dai diversi
colori politici, in Germania c’è un ampio
consenso sulle questioni importanti della
democrazia, dello stato di diritto, dell’eco-nomia sociale di mercato e della politica
europea. Certo, la maggior parte dei tede-schi è innervosita dal fatto che con i soldi
dei contribuenti si inanzino gli errori altrui.
Nessuno vuole un pozzo senza fondo di tra-sferimenti di capitali o la condivisione dei
debiti nell’eurozona. Tutti desiderano una
ripartizione equa delle responsabilità e la
possibilità di avanzare richieste prima di
soddisfare le esigenze degli altri. Ma nono-stante tutto, la grande maggioranza dei te-deschi vuole restare nell’euro.
Un  altro  elemento  certo,  però,  è  che
questo ampio consenso è stato raggiunto
solo tra paure e preoccupazioni ed esclusi-vamente grazie alla iducia riposta in Ange-la Merkel. Con tutto il rispetto per la cancel-liera, però, questa insicurezza di fondo non è una base solida per una politica sostenibi-le. Qualunque sia il governo che la Cdu for-merà, in coalizione con i socialdemocratici
o con i Verdi, sarà meglio che Merkel metta
la questione Europa in cima all’ordine del
giorno. Anche nella società tedesca e nel
mondo economico è necessario che parta
un’ampia discussione sul futuro del conti-nente, non solo sull’euro. Sarebbe assurdo
bollare chi critica la moneta unica come un
estremista di destra, rendere le sue argo-mentazioni un tabù e liquidarle d’uicio.
Dal confronto deciso con Alternativa
per la Germania deve nascere un’assem-blea sull’Europa. Bisogna che in da subito
si discuta di cosa l’Europa signiica per la
Germania e di come la Germania guarda al
suo ruolo in Europa. Questo dibattito dovrà
spingersi ben al di là di un semplice calcolo
dei costi e dei beneici legati al salvataggio
dell’euro. Nella situazione complessa e ca-otica del mondo reale (diversa dalla quiete
delle aule universitarie e dei libri di testo)
non ci sono leggi esatte o verità deinitive.
Alle questioni normative sulla giustizia e la
distribuzione del reddito, sulla partecipa-zione e l’appartenenza, sulle decisioni pre-se a maggioranza e la tutela delle minoran-ze si forniscono risposte “giuste” che varia-no di società in società e di epoca in epoca.
Dovrebbero tenerlo presente i sostenitori
del marco tedesco quando chiedono di sep-pellire l’euro, dato che il bilancio dei costi e
dei beneici della moneta unica è diventato
apparentemente negativo.
Obiettivi a lungo termine
Oggi ci vuole una visione per l’Europa del
ventunesimo secolo. In che direzione deve
andare il continente sul piano politico, so-ciale ed economico? Quale sarà il ruolo del-la Germania? I tedeschi vogliono gli Stati
Uniti d’Europa o un’Europa degli stati na-zione? Un dibattito aperto dovrà anche in-dicare come, a quali condizioni e a quale
prezzo  si  possa  stabilizzare  l’eurozona.
Questa visione dell’Europa non deve ofrire
un modello per risolvere tutto in un colpo
solo: nel migliore dei casi i suoi obiettivi sa-ranno a lungo termine. Ma permetterà di
non perdere la bussola per uscire dalla neb-bia. Se il nuovo governo tedesco riuscirà a
individuare l’obiettivo voluto e quindi con-diviso dalla popolazione, da qui partiranno
i tanti piccoli passi necessari per percorrere
una lunga strada. Per farlo, sia la Germania
sia l’Europa possono e devono concedersi
tutto il tempo di cui hanno bisogno. u fp


Un partito da rifondare
Nico Fried, Süddeutsche Zeitung, Germania


F
orse la Spd ha bisogno ancora di un
po’ di tempo per esplicitare con
chiarezza un paio di verità. Il risul-tato del 25,7 per cento dei voti non è solo
“inferiore a quello auspicato”, ma una ve-ra e propria disfatta. La campagna eletto-rale sarà stata pure gestita con entusia-smo, ma non è stata certo eicace. Il can-didato socialdemocratico Peer Steinbrück
era stato scelto con l’idea di attirare i voti
dei conservatori. Invece milioni di elettori
della Spd sono passati alla Cdu di Angela
Merkel.
Dopo queste elezioni i socialdemocra-tici si ritrovano, per usare un eufemismo,
in una situazione davvero diicile. Il risul-tato è troppo negativo perché si parli di
successo (come fa chi accenna al +2,7 per
cento rispetto al 2009), ma non abbastan-za da dare per scontato che qualcuno ne
tragga le conseguenze sul piano indivi-duale. Dato che la situazione non avvan-taggia e, soprattutto, non danneggia nes-suno, la Spd si trova in bilico, e inché nes-suno si muoverà con troppa decisione tutti
resteranno illesi. In questo contesto il par-tito si chiede se sia il caso di formare una
grande coalizione che già solo nei rapporti
di forza non ha niente in comune con
quella del 2005. All’epoca, in seguito al ri-sultato disastroso ottenuto da Merkel e al
successo straordinario della Spd, i due
partiti si fronteggiavano alla pari. Questa
volta i socialdemocratici hanno un distac-co di circa sedici punti percentuali dalla
Cdu: ci vuole molta buona volontà anche
solo per parlare di grande coalizione.
Ora la Spd deve chiedersi se, nono-stante le premesse decisamente negative,
sia opportuno assumersi ancora una volta
una responsabilità di governo. Prima il pa-ese, poi il partito: questo è il messaggio
che Merkel usa spesso come mezzo di
pressione sui socialdemocratici. Su questo
punto, tuttavia, la Spd non può certo esse-re rimproverata: non solo si è attenuta a
questa regola ino all’abnegazione negli
undici anni in cui è stata al governo, dal
1998 al 2009, facendo fare grande pro-gressi alla Germania, ma se si pensa al suo
contributo al salvataggio dell’euro, anche
all’opposizione ha continuato ad assumer-si le sue responsabilità. La questione è im-portante, ma se la Spd si lascerà richiama-re continuamente al dovere e sarà anche
costretta a pagare un prezzo alto per que-sto, prima o poi uscirà siancata dal pro-cesso. Sul lungo periodo l’indebolimento
dei socialdemocratici farà perdere al pae-se più di quanto il partito possa ofrirgli
nell’immediato. In questo caso la Spd ri-schierà di degenerare in un partito di fun-zionari.
Equilibri interni
Per i socialdemocratici l’alleanza con la
Cdu sarebbe pericolosa anche perché l’in-dispensabile rifondazione del loro nucleo
dirigente sarà sacriicata alla disciplina
necessaria per governare. Una grande co-alizione garantirebbe che tutto resti
com’è: un presidente del partito che gode
di molta iducia nella base ma di poca tra
gli altri dirigenti, un dirigente che conti-nua a rivestire la carica di capogruppo par-lamentare ma che è ai ferri corti con il pre-sidente, diversi governatori dei land che
diidano l’uno dell’altro, ruoli marginali
nell’esecutivo e magari un ex candidato
cancelliere promosso ai vertici anche se,
con la sua inutile determinazione a non
entrare mai più in un governo guidato da
Merkel, ha compromesso il risultato delle
elezioni e quindi la possibilità della Spd di
formare una grande coalizione alla pari.
La Spd è nella condizione di governare
con la Cdu. È la soluzione più semplice
per tutti i diretti interessati e per il paese.
Ma se non vuole andare in rovina, dovrà
prima risolvere i suoi problemi di potere. Il
fragile equilibrio all’interno del partito è
troppo instabile per resistere a un’alleanza
di governo caratterizzata da un forte squi-librio tra le parti. u fp





 

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