venerdì 11 ottobre 2013

Lampedusa (Europa) - Mayr e Popp, Der Spiegel, Germania Foto di Giulio Piscitelli per Internazionale

Dopo il naufragio del 3 ottobre, in cui sono
morti almeno trecento migranti, i governi
europei devono rivedere le loro politiche
d’accoglienza, in particolare verso chi
ha diritto all’asilo politico


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L
a donna giaceva sul molo di
Lampedusa,  apparente­
mente senza vita, in mezzo
a  decine  di  cadaveri.  Poi
qualcuno ha notato che re­
spirava ancora. E invece di
inire in una bara come tanti altri, è stata
portata in elicottero in un ospedale di Pa­
lermo. Non sappiamo se questa donna eri­
trea di vent’anni si sia salvata. Se così fosse,
sarebbe una dei 155 sopravvissuti alla tra­
gedia avvenuta verso le 4 del mattino di
giovedì 3 ottobre nelle vicinanze dell’isola
dei Conigli, al largo delle coste di Lampe­
dusa. Un’imbarcazione salpata dalla città
libica di Misurata con circa cinquecento
persone a bordo ha preso fuoco ed è colata
a picco. Almeno 302 persone sono morte
poco lontano dalla costa dell’Italia, la loro
terra promessa. Per giorni i sommozzatori
e gli uomini della guardia costiera hanno
lottato contro il mare grosso e il vento forte
per recuperare i corpi di centinaia di di­
spersi.
Avamposto mediterraneo
Nei dépliant turistici la piccola isola del
Mediterraneo, un avamposto dell’Unione
europea vicino alle coste della Tunisia, de­
canta le sue “spiagge bianche come la ne­
ve, la natura incontaminata e il mare cri­
stallino pieno di vita”. Queste campagne
pubblicitarie, però, sono pensate soprat­
tutto per i visitatori che atterrano all’aero­
porto dell’isola, trascorrono qualche gior­
no di relax sulla spiaggia e poi tornano a
casa.
Lampedusa è anche la località europea
più  facile  da  raggiungere  per  chi  viene
dall’Africa e per questo le sue acque sono
da anni un punto di arrivo – e di morte – per
molti migranti. Il 3 ottobre, il giorno del
naufragio, sull’isola è approdata un’altra
imbarcazione che trasportava 463 perso­
ne, in gran parte siriani. I traicanti di es­
seri  umani  spesso  distruggono  i  motori
delle barche prima di raggiungere la costa.
Così possono dichiarare di essere in avaria
e sperare di essere rimorchiati in un porto.
Le autorità italiane hanno fermato un
tunisino di 35 anni, che si presume sia il ca­
pitano dell’imbarcazione, per interrogarlo
sui fatti avvenuti la mattina del 3 ottobre e
sull’incendio che è divampato a bordo ed è
stata la causa del naufragio. L’uomo era già
approdato  un’altra  volta  illegalmente  a
Lampedusa, l’11 aprile 2013, ma era stato
rimandato in Tunisia.
Prima ancora che fosse terminato il re­
cupero di tutti i corpi dal relitto dell’imbar­
cazione, sono cominciate le dichiarazioni
di solidarietà e le polemiche. Durante la
sua visita a Lampedusa, il ministro dell’in­
terno e vicepresidente del consiglio italia­
no  Angelino  Alfano  –  che  nel  2008  ha
contribui to alla stesura del trattato italoli­
bico che consentiva i pattugliamenti e in­
troduceva altre misure per rimpatriare i
migranti – ha detto di sperare che “la prov­
videnza divina abbia voluto questa trage­
dia per fare aprire gli occhi all’Europa”.
Ha inoltre invocato urgenti modiiche
del regolamento di Dublino (che determi­
na lo stato dell’Unione europea competen­
te a esaminare una domanda di asilo o il
riconoscimento dello status di rifugiato a
un migrante). Secondo Alfano, il regola­
mento chiede “troppo” ai paesi del Medi­
terraneo.
Martin  Schulz,  presidente  del  parla­
mento europeo, ha invocato una più ampia
distribuzione  delle  responsabilità,  defi­
nendo la questione dei migranti e dei rifu­
giati un “problema che riguarda tutti gli
stati  dell’Unione  europea”.  Secondo
Schulz l’Italia non dovrebbe essere lasciata
sola a gestire il grande alusso di persone
dall’Africa e dall’Asia. La corsa inarrestabi­
le verso il vecchio continente “non è una
questione da discutere nelle commissioni
di Bruxelles. È una questione di solidarietà
tra gli stati dell’Unione europea”, ha scritto
in un comunicato stampa.
A giugno l’Unione europea ha modii­
cato il regolamento di Dublino del 2003,
secondo cui, all’arrivo in Europa, un mi­
grante può fare richiesta di asilo solo nel
primo paese dell’Unione europea in cui
mette piede. Questo regolamento fa como­
do alla Germania, quasi completamente
circondata da altri paesi dell’Unione, ren­
dendo  praticamente  impossibile  ai  mi­
granti di entrare legalmente in territorio
tedesco. Per questo la quarta economia del
mondo è solo all’undicesimo posto in Eu­
ropa nella classiica dei paesi che accolgo­
no più richiedenti asilo in proporzione alla
popolazione (la Germania ne accoglie 945
per milione di abitanti, contro i 4.980 di
Malta, che è al primo posto).
Le persone che vengono dalle aree di
crisi e di guerra di tutto il mondo convergo­
no sui conini esterni dell’Unione europea:
si tratta soprattutto di africani che si diri­
gono  verso  l’Italia,  di  ceceni  che  vanno
verso la Polonia e di siriani, iraniani e ira­
cheni diretti in Grecia.
Il sistema di Dublino era stato concepi­
to per costringere i paesi dell’Europa meri­
dionale e orientale a controllare meglio le
loro frontiere. Negli ultimi anni l’Unione
europea ha investito milioni di euro per
prevenire l’ingresso irregolare di migranti,
con misure che comprendono il ricorso alle
forze di polizia per controllare le frontiere
esterne, la costruzione di recinzioni e l’uso
di tecnologia satellitare per sorvegliare le
rotte dei migranti.
Lasciati da soli
Tutto questo però non ha scoraggiato le
migrazioni. Sono in migliaia a morire du­
rante il viaggio e quelli che riescono a pre­
sentare richiesta d’asilo iniscono per pe­
sare sempre di più sui paesi di frontiera
dell’Unione. In Italia viene permesso di
restare a più di un rifugiato su tre, una pro­
porzione molto più alta che nella maggior
parte dei paesi europei. Solo pochi migran­
ti però riescono a trovare un lavoro e una
casa, mentre molti altri vivono per strada o
nei parchi, senza poter ricevere cure me­
diche.
In Italia il Sistema di protezione per ri­
chiedenti asilo e rifugiati (Sprar) ofre ai

nuovi arrivati una sistemazione, corsi di
lingua e assistenza. Lo Sprar, tuttavia, può
provvedere solo a tremila persone rispetto
a  un  potenziale  stimato  di  75mila.  Nils
Muižnieks, commissario per i diritti umani
presso il Consiglio d’Europa, ha deinito
queste condizioni “sconvolgenti” e ha sot­
tolineato come “la quasi totale assenza” di
un sistema di asilo in Italia ha condotto a
un “grave problema di diritti umani”.
Anche in altri paesi lungo la frontiera
esterna dell’Unione europea il sistema di
accoglienza dei rifugiati è fallimentare. La
procedura per ottenere l’asilo politico in
Polonia, per esempio, vìola le linee guida
dell’Alto commissariato delle Nazioni Uni­
te per i rifugiati, come denuncia in un rap­
porto il consiglio per i rifugiati del Belgio.
A volte le famiglie vengono separate e i ri­
fugiati sono abbandonati a loro stessi.
In Ungheria i migranti sono spesso rin­
chiusi in centri di detenzione e in alcuni
casi picchiati con bastoni o usando gas irri­
tanti. Alcune donne incinte sarebbero sta­
te tenute in carcere ino al giorno del parto.
In passato trattamenti simili hanno provo­
cato più volte scioperi della fame. In Grecia
centinaia di persone hanno subìto sistema­
ticamente sevizie nei campi d’accoglienza,
casi che l’agenzia dell’Unione europea per
i diritti fondamentali ha descritto come
una catastrofe umana.
Racconti simili hanno spinto molti mi­
granti  a  proseguire  il  loro  viaggio  verso
l’Europa centrale o settentrionale. Berlino,
tuttavia, invoca i regolamenti di Dublino e
rispedisce i migranti verso i paesi in cui so­
no costretti a vivere in condizioni vergo­
gnose. Varie associazioni di beneicenza e
organizzazioni come Pro asyl, con sede a
Francoforte, hanno studiato una proposta
congiunta per riformare il sistema di asilo
europeo. L’avvocato Reinhard Marx, uno
degli  autori  della  proposta,  spiega  che
l’obiettivo non è eliminare i controlli alla
frontiera. In base alla proposta, i migranti
continuerebbero a essere fermati e regi­
strati al loro ingresso in Europa, ma potreb­
bero scegliere in quale paese dell’Unione
europea fare richiesta di asilo. Secondo gli
esperti questo sistema ridurrebbe il peso
imposto a paesi come l’Italia perché molti rifugiati  cercherebbero  di  raggiungere  i
pae si in cui possono vivere in condizioni
più dignitose, come la Germania. Si elimi­
nerebbero inoltre gli incentivi al traico di
esseri umani interno all’Europa.
È evidente, come ha dichiarato il presi­
dente del parlamento europeo Schulz, che
“dietro questa tragedia ci sono la crimina­
lità organizzata e i conlitti nei paesi a noi
vicini. Dobbiamo aumentare con decisio­
ne  gli  sforzi  per  fermare  i  criminali  che
sfruttano la miseria umana per trarne pro­
itto, dentro e fuori l’Unione europea”.
Fermare i traicanti
Oggi la maggior parte dei migranti si aida
ai  trafficanti  per  andare  dalle  periferie
dell’Unione a paesi come la Germania. “Il
sistema di Dublino è uno schema che crea
lavoro per i traicanti di esseri umani”, so­
stiene l’avvocato Marx. I richiedenti asilo
dovrebbero poter scegliere un paese in cui,
per esempio, vivono già dei loro connazio­
nali. I paesi che accolgono il numero mag­
giore di rifugiati potrebbero inoltre riceve­
re il sostegno del Fondo europeo per i ri­
fugiati.
Il ministro dell’interno italiano Alfano
ha chiesto di discutere il problema dei rifu­
giati a livello europeo. Il governo italiano è
sotto pressione. In un rapporto provvisorio
destinato all’assemblea parlamentare del
Consiglio d’Europa, difuso il 2 ottobre, le
politiche di Roma sono state fortemente
criticate. Ancora una volta, si legge nel rap­
porto, l’Italia ha dimostrato di essere “po­
co preparata” di fronte all’ondata di profu­
ghi e “i migranti irregolari potrebbero es­
sere stati incoraggiati, per vie non uiciali,
a proseguire verso nord e attraversare il
conine italiano verso altri paesi dell’area
Schengen”. In questo modo i paesi europei
continuano a scaricare gli uni sugli altri la
responsabilità dell’accoglienza dei rifugia­
ti. Nel frattempo, per i somali e gli eritrei
partiti  dalla  costa  libica  alla  volta  della
“fortezza Europa” e morti alle 4 del matti­
no del 3 ottobre, il Mediterraneo è diventa­
to anche un cimitero di sogni. u gim


 

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