giovedì 3 ottobre 2013

Giornalisti ninja all’assalto - Camila Hessel, O Estado de São Paulo, Brasile.

Il collettivo Mídia ninja ha
raccontato in diretta le proteste
di giugno in Brasile con
cellulari e portatili. E ha
trasformato il giornalismo 


U
no  zaino,  un  portatile,
un  cavo  che  collega  il
computer all’iPhone, il
segnale di rete 3G o il wi-i di qualcuno nei parag-gi.  A  volte  un  modem
4G collegato allo stesso portatile: “L’unità
mobile” di Mídia ninja è pronta per andare
in onda su una delle varie piattaforme gra-tuite di condivisione di video online. Per
attirare gli spettatori, bastano un post su
Facebook e un lancio su Twitter. Il passapa-rola e la condivisione sui social network
fanno il resto.
La sera del 18 giugno i Mídia ninja si tro-vano nell’avenida Paulista proprio quando
un piccolo gruppo decide di dar fuoco al
cartellone della Confederations cup (che si
è svolta in Brasile dal 15 al 30 giugno). E so-no presenti anche nel quartiere M’boi Mi-rim, a São Paulo, in mezzo ai manifestanti
seduti in cerchio che ripetono senza sosta
le rivendicazioni da presentare al vicepre Narrativas  independentes  jornalismo  e
ação – non obbedisce alla formalità e ai ri-tuali dei mezzi d’informazione tradizionali.
Le immagini sono trasmesse in tempo rea-le, senza nessun intervento. Non ci sono
riprese aeree o inquadrature panoramiche:
si riprende sempre dalla strada e il punto di
vista è lo stesso del manifestante. Per que-sto ci sono immagini mosse in mezzo alla
gente che corre e lunghi spezzoni in movi-mento alla ricerca dei punti dove si rag-gruppano i manifestanti. Le riprese sono
grezze. Non cercano (non saprebbero farlo)
di spiegare allo spettatore cosa sta succe-dendo: con il suo materiale, Mídia ninja
mette il pubblico al centro dell’azione. Ma di chi sono i telefoni e i portatili? Di
un gruppo di attivisti che, dopo aver tra-smesso in diretta la marcia per la libertà
d’espressione e contro la repressione della
polizia organizzata a São Paulo il 28 maggio
2011, ha lanciato una serie di dibattiti tra-smessi online sul canale Póstv. La maggior
parte di loro apparteneva al movimento
Fora do eixo (letteralmente fuori asse), un
collettivo culturale fondato nel 2005 da al-cuni produttori musicali per promuovere
musicisti e gruppi di tutte le zone del Brasi-le. Oggi Fora do eixo, presente in venticin-que città, si occupa anche di organizzare
festival ed eventi nel paese e all’estero, fuo-ri dai circuiti commerciali tradizionali.
I ninja, che mostrano sempre il loro vol-to, hanno allargato la programmazione al
primo turno delle elezioni municipali del
2012, realizzando programmi quotidiani
sui vari candidati in venti città del paese. E
per farlo si sono avvalsi della struttura ca-pillare e delle risorse di Fora do eixo. All’ini-zio del 2013 hanno visitato alcuni villaggi
indigeni guarani e caiová nel Mato Grosso
do Sul per lavorare a una serie di reportage
e hanno seguito il Social forum in Tunisia.
Poi, quando si preparavano a discutere le
linee generali del gruppo, le alternative di
inanziamento e i loro passi successivi, in   Brasile è esplosa la protesta. I cittadini sono
scesi in piazza prima contro l’aumento del
prezzo degli autobus e poi contro gli sprechi
del governo. Mídia ninja ha puntato tutto
sul movimento.
La maggior parte di loro non ha una for-mazione giornalistica. Il cosiddetto zocco-lo duro, responsabile delle trasmissioni che
hanno aiutato a dare visibilità al collettivo,
è formato da una decina di giovani quasi
tutti sotto i 25 anni. L’eccezione è Bruno
Torturra: ha 34 anni, e per undici ha lavora-to per la rivista Trip come reporter, editor e
poi direttore. Torturra – a giugno è rimasto
dietro le quinte per coordinare i servizi e
orientare chi stava per strada – spiega che la
copertura dei fatti era guidata dall’istinto,
da uno “spirito da segugio senza addestra-mento e tecniche, che sono utili”.
Efetto di denuncia
Un esempio di questa mancanza di “adde-stramento” è emerso durante la giornata
del 18 giugno. Quel giorno Filipe Peçanha,
24 anni, di Rio e con una formazione audio-visiva, ha seguito la manifestazione a São
Paulo.  Filipe  è  andato  in  onda  per  quasi
quattro ore, ha percorso più di quattro chi-lometri ed è stato attaccato con gas lacri-mogeni. Quando un agente della polizia
militare senza tesserino di riconoscimento
gli ha ordinato di spegnere la videocamera,
lui non ci ha capito più niente: ha rincorso
l’agente per costringerlo a rivelare il suo
nome gridandogli contro una serie di paro-lacce. Questo genere di trasmissione per-mette al pubblico d’intervenire e commen-tare quasi contemporaneamente agli even-ti. Così si è scoperto che alla maggioranza
degli spettatori l’atteggiamento di Filipe
Peçanha non piaceva per niente. Secondo
Peçanha, invece, questo è il prezzo della
diretta e di un nuovo tipo di giornalismo.
Lui sostiene che, nella tensione del mo-mento, chiunque può perdere la testa e at-tribuisce la reazione del pubblico a una vi-sione “antiquata” secondo cui il reporter
dev’essere sempre imparziale. “Non stia-mo raccontando un avvenimento, ci siamo
in mezzo. Il comportamento del reporter
può avere un importante efetto di denun-cia”.
Un gruppo di persone studia i commen-ti e gli interventi del pubblico. Tra loro c’è
Dríade Aguiar, 22 anni. Se parlassimo di un
canale tv tradizionale, Dríade si chiame-rebbe produttrice. A Póstv mappa gli even-ti e le manifestazioni nel paese, contatta
fotograi e reporter e, a trasmissione in cor-so, dà consigli e istruzioni a chi è in strada.  Come Peçanha, anche Dríade, originaria di
Cuiabá e residente a São Paulo dal 2010, fa
parte del movimento Fora do eixo da quan-do ha 16 anni. Per tre mesi ha seguito i corsi
di storia alla facoltà di lettere, ma poi ha
preferito dedicarsi a tempo pieno alle atti-vità del collettivo.
Il lavoro di base, svolto da giovani come
Dríade, aiuta a stabilire un dialogo tra spet-tatori ed emittenti. Per strada i ninja vengo-no  accolti  con  simpatia:  i  commercianti
prestano le prese per ricaricare le batterie
dei computer, i sostenitori mandano mes-saggi  per  mettere  a  disposizione  della
troupe auto e altro materiale, chi vive nelle
vicinanze condivide la rete wii e apre la ca-sa ai reporter in modo che possano farsi una
doccia o riposarsi senza allontanarsi dai
luoghi delle proteste.
Il  calore  dell’azione  coinvolge  anche
professionisti esperti come Jorge Pontual,
corrispondente  da  New  York  di  Globo
news. Il 18 giugno, quando Filipe Peçanha
correva con il suo iPhone lungo l’avenida
Paulista, Pontual consigliava il link della
trasmissione ai suoi follower: “Se questo
ninja non inisce le batterie, stanotte non
dormo”.
Un sistema orizzontale
La padronanza della tecnologia è un altro
aspetto che afascina gli spettatori di Mídia
ninja. Quale operatore telefonico usano?
Come fanno ad avere campo in mezzo alla
folla? Perché le batterie dei loro telefoni e
dei  loro  computer  sembrano  non  finire
mai? I ninja non usano cellulari speciali:
mettono solo in pratica trucchi e accorgi-menti che hanno imparato organizzando i
festival musicali di Fora do eixo. Fino a ebbraio di quest’anno le trasmissioni fuori
dello studio o di uno spazio per gli spettaco -li  avevano  una  mobilità  limitata.  I  ninja
usavano cavi lunghi ino a trecento metri
per collegare le videocamere a internet e
dovevano limitarsi a questo raggio d’azio-ne. Durante il carnevale, insieme al collet-tivo di artisti e attivisti Tanque rosa choque,
hanno avuto l’idea di costruire un piccolo
sound system per animare i gruppi di car-nevale che inondavano i quartieri della cit-tà. Così hanno messo due casse, un genera-tore,  una  consolle  e  dei  computer  su  un
carrello del supermercato.
Qualche mese dopo i ninja hanno mes-so in strada il carrello potenziato con una
videocamera Go Pro e un’antenna improv-visata. Per garantire la connessione a inter-net durante le manifestazioni, hanno visi-tato  gli  appartamenti  e  i  negozi  lungo  il
corteo chiedendo accesso alle reti wireless
dei cittadini. E hanno capito che il momen-to migliore per trasmettere attraverso la
rete 3G è durante le cariche della polizia:
“Quando tutti mettono il cellulare in tasca
per scappare, noi tiriamo fuori i nostri”, di-ce Torturra.
Lo zoccolo duro di Mídia ninja vive nel-la Casa Fora do eixo a São Paulo, dove per-ino il guardaroba è condiviso. Cellulari,
computer, videocamere e bollette sono pa-gati attingendo alle casse di Fora do eixo.
Pablo Capilé, il portavoce del movimento,
spiega che la principale fonte di sostegno è
una forza lavoro composta da gente giova-ne, altamente qualiicata e impegnata nei
progetti in prima persona. I festival e gli
eventi prodotti (alcuni dei quali realizzati
simultaneamente in trecento città) sono la
fonte di reddito primaria. E i inanziamenti
pubblici? Secondo Capilé non superano il 3
per cento del totale.
Resta da vedere come farà Mídia ninja a
crescere e a inanziarsi senza cadere nel
modello tradizionale delle imprese giorna-listiche, in crisi in tutto il mondo. L’ambi-zione dichiarata è di evitare i format tradi-zionali  e  gli  stereotipi,  ma  ancora  non  è
chiaro come farà il collettivo a formare una
squadra che realizzi reportage tematici e
abbia una buona formazione. I ninja sono
assolutamente contrari all’idea di un’im-presa a ini di lucro, perché credono che
quel modello sia responsabile della crisi di
credibilità dei mezzi d’informazione. Riiu-tano anche un’organizzazione politica ge-rarchica e sono favorevoli a un sistema oriz-zontale, senza soci, senza capi, dove le de-cisioni si prendono in base al consenso. Per
loro il inanziamento collettivo è l’alterna-tiva principale: “Il lettore e lo spettatore si
sentono direttamente responsabili di quel-lo che viene prodotto. Si crea una relazione
interessante”, aferma Torturra.
Un altro elemento importante è delimi-tare il focus dell’attività del collettivo dopo
la ine delle proteste. Oltre alle manifesta-zioni, i giovani ninja riprendono corsi aper-ti per approfondire i temi delle proteste –
come i modelli alternativi di trasporto – e le
azioni dei movimenti sociali – come le oc-cupazioni e le assemblee.
La vena militante del collettivo Mídia
ninja può minacciare la qualità del giornali-smo che fanno? Loro credono che i parame-tri e i bisogni siano cambiati: “Il modo mi-gliore  per  non  perdere  qualità  è  non  na-scondere nulla”, sostiene Torturra. “Non
bisogna vederla come l’antitesi dell’obietti-vità. Ma è fondamentale che la nostra posi-zione sia chiara”. Riguardo all’emergere di
altri ninja in nuove reti – e alle critiche se-condo cui sarebbero più interessati a co-struire  un  nuovo  marchio  invece  che  un
nuovo stile narrativo – per i ninja originali
l’obiettivo è veder sorgere molti nuovi grup-pi ispirati al loro lavoro, da cui prendere
esempio. u ga



Le regole del mestiere
sono cambiate
Il modo d’informare di Mídia
ninja ha fatto scuola e Rede
Globo e la Folha de São Paulo
hanno dovuto adeguarsi


ccampati nell’elegante quar-tiere di Leblon a Rio de Janei-ro, i Mídia ninja osservano e
aspettano da quasi due mesi.
Cronisti e non terroristi, sono armati di
smartphone, macchine fotograiche e
maschere antigas, strumenti di una pro-fessione in rapida evoluzione: il giornali-smo di strada. A Leblon hanno registrato
e trasmesso in diretta streaming ogni co-ro, canzone e scontro con la polizia du-rante le manifestazioni davanti alla casa
del governatore dello stato di Rio de Ja-neiro, Sérgio Cabral. Sono stati in prima
linea nell’occupazione del consiglio co-munale, durante la marcia verso la sede
di Rede Globo e in tutte le manifestazioni
scoppiate a giugno in Brasile. Le proteste
si sono ridotte e frammentate, ma la po-polarità del collettivo giornalistico conti-nua a crescere e fa da catalizzatore del
malcontento popolare nei confronti della
politica e dei mezzi d’informazione.
Quasi sconosciuto ino a qualche me-se fa, oggi il gruppo ha duemila collabora-tori in cento città, mentre la sua pagina
Facebook ha raggiunto più di duecento-mila like. Sfruttando i social network il
collettivo ha dato la notizia di agenti inil-trati e di arresti illegittimi compiuti dalla
polizia, costringendo i mezzi d’informa-zione tradizionali ad accodarsi, anche se
timidamente.
È un lavoro diicile, a volte noioso e
spesso ingrato. Ma grazie al contatto co-stante con la realtà di strada e a un ap-proccio contrario a tagli e censura i ninja
si sono conquistati un pubblico afeziona-to e fedele. “Vogliamo fare controinfor-mazione per mostrare quello che non
fanno vedere i mezzi d’informazione alli-neati”, dice Rafael Vilela, fotografo, che
non viene accreditato per le foto pubbli-cate. “Il nostro giornalismo si basa sulla
collaborazione”.
I Mídia ninja nascono dai Fora do ei-Le regole del mestiere
sono cambiate
Il modo d’informare di Mídia
ninja ha fatto scuola e Rede
Globo e la Folha de São Paulo
hanno dovuto adeguarsi
Jonathan Watts, The Guardian, Regno Unito
xo, un gruppo di collettivi che organizza
festival musicali e manifestazioni cultu-rali. Il movimento, formato in gran parte
da studenti e nato nel 2005 nelle città di
Rio Branco, Cuiabá e Londrina, si è poi
allargato a più di duecento zone e ha
messo in piedi un’università alternativa,
un’organizzazione politica e un sistema
di inanziamenti. I Mídia ninja si sono
formati quest’anno come braccio comu-nicativo del movimento. All’inizio dove-vano promuovere gli eventi e trasmettere
in diretta concerti e conferenze, ma poi
hanno trovato una nuova missione: rac-contare quello che succedeva nelle fave-las e dare spazio alle proteste che gli altri
non mostravano.
Qualche rischio
A giugno i ninja sono stati i primi a racco-gliere e trasmettere le immagini delle
violenze della polizia contro i manife-stanti. I loro reportage sono stati girati e
trasmessi in diretta dai cellulari. Altro
materiale è stato raccolto dalle immagini
postate online o inviate al gruppo. Anony-mous Rio, uno degli organizzatori delle
proteste, guarda con interesse al lavoro
del collettivo e l’associazione brasiliana
degli avvocati collabora con Mídia ninja
su temi come la libertà d’informazione e
la brutalità della polizia. E in più di un’oc-casione il collettivo ha dettato l’agenda
dell’informazione. A luglio ha scatenato
l’indignazione dell’opinione pubblica
grazie a una serie d’immagini in cui si ve-de un iniltrato della polizia che lancia
una bottiglia molotov per provocare la re-azione delle forze dell’ordine. La polizia
ha negato, ma il servizio – ripreso da Rede
Globo e altre tv – ha riportato all’attenzio-ne il tema dei provocatori ed è stato usato
come prova difensiva da un manifestante
arrestato senza motivo. E soprattutto ha
evidenziato il divario che separa il giorna-lismo di strada e i grandi media, che spes-so si basano sulle informazioni dei comu-nicati della polizia.
I grandi gruppi come Globo e i quoti-diani come Folha de São Paulo hanno ri-conosciuto l’efetto dirompente di Mídia
ninja. “Folha ha mangiato la polvere”, di-ce Suzana Singer, garante dei lettori del
giornale. “Non basta raccontare le prote-ste come si faceva una volta, basandosi su
quello che ha visto il tuo inviato, sulla
versione della polizia e sulle immagini
delle tv. Bisogna tenere conto di queste
nuove fonti di informazione”. Perino
Globo ha cominciato a trasmettere i il-mati dei ninja e a ofrire approfondimenti
sulle notizie difuse dal collettivo. “Non
vogliamo realizzare contenuti per Globo,
ma il fatto che li usino è un buon segno”,
dice Vilela. “È la dimostrazione che non
riescono a stare sulla notizia come noi”.
L’aumento di popolarità del gruppo
comporta dei rischi: molti temono di es-sere stati identiicati dalla polizia, non
contenta di vedere smentita la versione
uiciale dei fatti. “Ci siamo presi proietti-li di gomma, gas lacrimogeni, sassate,
pezzi di granate. Ci hanno spruzzato ad-dosso spray urticante e ci hanno minac-ciato. In tutto il paese sono stati arrestati
otto giornalisti e alcuni sono stati aggre-diti isicamente”, dice Filipe Peçanha, ar-restato durante una manifestazione. La
diicoltà maggiore per un collettivo che
vuole essere una forza del cambiamento
sociale senza compromettere i suoi valori
anticommerciali sarà conservare l’auto-nomia inanziaria. I Mídia ninja si aida-no soprattutto al lavoro dei volontari, an-che se stanno cercando di mettere in pie-di un sistema di donazioni per pagare ai
cronisti biglietti aerei, vitto, alloggio e at-trezzature. Alcuni sostenitori hanno mes-so a disposizione le loro case e centinaia
di persone hanno scritto email al colletti-vo chiedendo di diventare dei ninja. Ma
la questione dei inanziamenti resta og-getto di discussione all’interno del grup-po. Bruno Torturra, uno dei principali co-ordinatori del collettivo, ha rinunciato a
provare a raccogliere denaro attraverso il
crowdfunding perché temeva la reazione
degli altri componenti. L’unica certezza è
che il collettivo non farà soldi con la pub-blicità. u fa

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