venerdì 11 ottobre 2013

La classe media in fuga dalla Siria Molti profughi che sbarcano in Italia provengono da famiglie benestanti che cercano una nuova vita nell’Europa del nord Eric Jozsef, Libération, Francia

R
oma, Amburgo e poi Copena-ghen. Pochi minuti prima della
partenza dalla stazione dei tre-ni di Catania, la più popolosa
città della Sicilia orientale, Mhammad cer-ca di farsi tradurre in arabo i nomi delle
città che incontrerà nel suo lungo e impro-babile viaggio verso l’Europa del nord. Nel
caldo autunnale, un poliziotto italiano os-serva con evidente compassione una sposa
siriana che sale precipitosamente sul vago-ne, vestita di nero, con cinque bambini. Il
più piccolo ha solo un mese. Mhammad,
46  anni,  indossa  un  soprabito  beige.  Fa
parte delle migliaia di profughi sbarcati
sulle coste della Sicilia in fuga dal caos si-riano. Prima di partire faceva il tassista a
Damasco “Ho deciso di correre il rischio di
partire perché non ne potevo più. Le nostre
case sono state bombardate e le milizie ri-corrono sempre più spesso alla violenza
contro i civili. Siamo convinti che il regime
non cederà mai e che la situazione può solo
peggiorare”.
Dall’inizio dell’anno, la guardia costie-ra italiana ha segnalato più di 74 sbarchi nei dintorni di Siracusa e di Catania, e ha
soccorso quasi novemila persone. Ottomi-la in più rispetto al 2012. Il 2 ottobre i mari-nai italiani hanno soccorso circa settecen-to persone, tra cui molti bambini, che viag-giavano su tre diverse imbarcazioni.
Un taxi verso il nord
Nel suo uicio nella capitaneria di porto di
Siracusa, il comandante Luca Sancilio par-la di un “fenomeno totalmente inedito. Da
giugno di quest’anno”, mi spiega, “sono
sbarcati quasi solo siriani. In passato ab-biamo avuto a che fare soprattutto con so-mali ed eritrei, a volte pachistani e afgani.
Ma non avevamo mai assistito, in questa
zona della Sicilia, ad arrivi così massicci”.
Mentre i migranti provenienti dall’Afri-ca subsahariana o dal Maghreb di solito
attraversano il Mediterraneo partendo dai
porti della Tunisia o della Libia per rag-giungere la piccola isola di Lampedusa, a
sud della Sicilia, i siriani che si imbarcano
in Egitto seguono generalmente una rotta
che passa più a nord ed è molto più lunga.
Corrono rischi ancora maggiori, per una
traversata che può durare da una settima na a dieci giorni. Il 10 agosto, i cadaveri di
sei uomini che non erano riusciti a rag-giungere la riva a nuoto sono stati recupe-rati su una spiaggia dell’isola. Il 18 settem-bre Izdihar Mahm Abdulla, una ragazza
diabetica di 22 anni, è morta sul ponte di
un’altra imbarcazione. Suo padre, di set-tant’anni, non ha potuto fare niente per
salvarla.
“Abbiamo portato a riva molti cadave-ri”, dice con tono afranto il comandante
Sancilio, che spiega come spesso intere fa-miglie  tentino  di  raggiungere  l’Europa.
“Sono pronti a tutto per fuggire. Sulle im-barcazioni stracolme ci sono intere gene-razioni. Tantissimi bambini, alcuni picco-lissimi, donne, anziani e perino malati.
Non avrei mai immaginato di vedere tra i
migranti un disabile che riusciva a muove-re solo le palpebre. Ci sono voluti sei uomi-ni per portarlo a terra”.
Davanti a una decina di barche fermate
e fatte ormeggiare nel porto di Siracusa in
attesa di essere distrutte, il vicecomandan-te Ernesto Castaldi aggiunge: “Assistiamo
a dei veri e propri esodi. Questo non ha
niente a che vedere con i migranti di Lam-pedusa, per la maggior parte giovani uomi-ni che tentano da soli il viaggio in cerca di
una  situazione  economica  migliore”.
Un’osservazione confermata dai respon-sabili  dell’organizzazione  umanitaria
Emergency, che fornisce cure mediche ai
migranti appena sbarcati a Siracusa.
È la classe media siriana che va a inca-gliarsi sulle coste italiane. “Tra i migranti
ci  sono  medici,  farmacisti  e  professori.
Molti sono laureati”, sottolinea Anna Ba-bani, mediatrice culturale dell’organizza-zione. Di solito, prima d’imbarcarsi su un
gommone che li porta al largo delle coste
egiziane, prendono un aereo da Damasco l Cairo. Poi salgono su pescherecci a cen-tosessanta chilometri dalle coste siciliane.
Da lì le imbarcazioni di fortuna sono ab-bandonate al loro destino. I rifugiati siriani
pagano ino a tremila euro per ogni adulto
e circa 1.100 euro per ogni bambino che
compie la traversata.
“Alcuni all’inizio sostenevano l’Eserci-to siriano libero, ma quando il fronte rivo-luzionario si è radicalizzato, hanno prefe-rito  lasciare  il  paese”,  spiega  Giuseppe
Belluardo, dell’Arci di Catania. “All’inizio
si sono rifugiati in Egitto, poi sono dovuti
partire dopo la caduta del presidente Mor-si. Da quando i militari egiziani hanno ri-preso il potere, a luglio, i profughi siriani
hanno cominciato a essere perseguitati”.
A quel punto, queste famiglie relativa-mente agiate si sono imbarcate con pochi
bagagli, nella speranza di essere soccorse
dalla guardia costiera italiana o di sbarcare
sulle spiagge frequentate dai bagnanti sici-liani. “Cercano di restare il meno possibile
in Sicilia”, spiega don Carlo, un prete che
accoglie i migranti.
Una nuova vita
Poche ore dopo essere state soccorse, mol-te famiglie siriane sono ripartite a bordo di
taxi verso l’Italia del nord. “Vogliono rico-minciare subito una nuova vita, senza re-stare impigliati nella burocrazia italiana”,
sostiene Belluardo. Spiega anche che i mi-granti cercano di non lasciare impronte
digitali e di non fornire la loro identità per
evitare di dover aspettare anni prima che
gli sia riconosciuto il diritto d’asilo. Il padre
di Izdihar Mahm Abdulla, la ragazza dia-betica morta a bordo di un’imbarcazione,
ha lasciato la Sicilia senza assistere ai fune-rali della iglia. “Tornerà dopo e andrà a
trovarla al cimitero, quando avrà ottenuto
il  diritto  d’asilo  nell’Europa  del  nord”,
commenta don Carlo.
Per il momento i profughi siriani si tro-vano in un limbo. “Formalmente”, spiega
la volontaria Nawal, “non sono né rifugiati
né clandestini”. Sono semplicemente dei
nomadi che continuano a fuggire dall’in-ferno siriano.
Il presidente del consiglio italiano, En-rico Letta, ha chiesto all’Unione europea
di intervenire per evitare che l’Italia sia co-stretta a farsi carico da sola di questi mi-granti.  Anche  considerando  che  molto
probabilmente gli sbarchi non si fermeran-no con l’inverno. “Conoscendo le condi-zioni di partenza”, dice il comandante Lu-ca Sancilio, “ci si può aspettare che tentino
la traversata con qualsiasi condizione me-teorologica”. u gim

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